«Abbiamo varcato la soglia del Monastero e siamo venute, il nostro convenire oggi in questa villa, donataci dalla Signora Amalia Polara il 23 dicembre 1983, è molto significativo ed è frutto di un gemellaggio spirituale con la Caritas: diversi gli incontri, arricchenti i momenti di preghiera e di condivisione vissuti insieme»: così la priora delle Benedettine, Madre Maria Veronica Spadola, ha salutato quanti partecipavano in un clima di preghiera e fraternità, alla messa nella giornata delle monache di Clausura celebrata a Villa Polara. Una donazione che, fin dall’inizio, le Benedettine hanno utilizzato per l’accoglienza propria del carisma benedettino, ospitando tanti momenti di solidarietà (sono nel ricordo di molti le “vacanze per gli anziani”) e di spiritualità. Negli ultimi anni è diventato difficile gestirla ed ecco, come racconta la stessa priora, l’intuizione di chiedere una collaborazione alla Caritas maturata durante il ritiro dei volontari della scorsa quaresima attorno a due frasi bibliche: “Il fratello aiutato dal fratello è una città fortificata”, “Che niente vada perduto!” (nel contesto della moltiplicazione dei pani).
«Come Caritas – spiega il direttore, Maurilio Assenza – abbiamo avvertito che non c’era un progetto ‘nostro’ ma si accoglieva un invito e si continuava un cammino: allora è maturato il sì! Aiutato dalla possibilità di un restauro iniziale e di un progetto di ospitalità grazie al sostegno di diverse Fondazioni (la Fondazione di comunità Val di Noto e, dal punto di vista operativo, la Fondazione San Corrado) e di realtà di solidarietà (la Casa don Puglisi, Crisci ranni, l’Arca). Un sì che è diventato avvio dei lavori a settembre, per arrivare a poter utilizzare salone e spazi adiacenti già a novembre grazie all’entusiasmo e all’operosità di tecnici e operai, con tante collaborazioni volontarie. Che si sono moltiplicate il giorno delle claustrali preparando un momento di festa che ha esaltato fraternità, amicizia (bella la presenza dei vicini), cibo: c’erano gli antipasti preparati dagli amici di un ristorante di Messina, Disio-Casa e Putia, i dolci delle Benedettine e delle oblate, le insalate di pasta delle mamme della Casa don Puglisi. E le piante aromatiche di Russino. Soprattutto, in tutti, c’era molta gioia per un bene recuperato grazie alla lungimiranza delle Monache Benedettine, che ne hanno in tempo arrestato il degrado rifacendo i tetti, e adesso grazie a questa significativa collaborazione». «Era come se la Villa ci aspettasse – ha detto a nome dei tecnici l’architetto Marcello Assenza – e quello che sembrava impossibile è avvenuto».
Durante l’omelia, don Gianni Donzello aveva sottolineato come «la presenza del Monastero Benedettino, con la specificità dell’adorazione eucaristica e della riparazione proprie della spiritualità della Fondatrice Madre Mectilde de Bar, è una presenza “sul monte” che aiuta la città a cogliere messaggi essenziali per la vita di tutti: “adorare”, ovvero fermarsi per non lasciarsi travolgere dall’agitazione frenetica dei nostri tempi; “riparare”, come nel rammendo delle nostre nonne per ricucire ferite delle famiglie e della città; “imitare” come sequela e servizio che unisce contemplazione e carità».
Unità affidata anche a gesti come l’attenzione delle Monache ai bambini della Casa don Puglisi, che a loro volta hanno donato una casetta con i segni del fuoco che riscalda, dell’acqua che disseta, del pane che nutre e rimanda all’eucaristia. «Unità di carismi – spiega Maurilio Assenza – rappresentata dall’icona dei santi Benedetto e Francesco, scritta a Paganica dalle Clarisse, e dalla presenza di padri Cappuccini, di suore Bocconiste, della Comunità missionaria intercongregazionale. La gioia si leggeva nel volto di tutti (come non gioire del bene?) ma, in modo particolare, della priora che accolse la donazione: la novantenne (sempre ‘giovane’ nello spirito) Madre Agnese Monte che, come tanti altri, si è anche rallegrata per il fatto che una parte della Villa, fin dall’inizio solo un rudere, ora si sta ripristinando: la chiesetta nel cortile della masseria. In una Casa benedettina era importante partire da questo segno che sarà il cardine della porta dell’ospitalità! Un’ospitalità che avrà le sfaccettature dei momenti culturali, spirituali e solidali o del visitatore che, insieme al territorio, vuole conoscere la sua gente. E che guarderà al Mediterraneo, chiamato a trasformarsi da mare di morte a mare di pace: per questo Villa Polara sarà luogo di “pensieri e ospitalità mediterranei”, nel solco di S. Benedetto, La Pira, don Puglisi, don Milani e di tante donne e uomini dal cuore pulito e dalla volontà retta, attenti allo stupore dei bambini e ai sogni dei giovani (si creerà pure possibilità di lavoro solidale). Una lampada si riaccende, l’ora et labora rigenera speranza!».