Operazione ‘Agnellino bis’, condanne fino a 22 anni. Eseguite tredici catture

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La Polizia di Stato – Squadra Mobile Ragusa – ieri mattina, alle prime luci dell’alba, è intervenuta nei comuni di Santa Croce Camerina, Ragusa, Vittoria, Comiso e Scicli con 60 uomini per catturare 13 appartenenti ad un sodalizio criminale che aveva come fine il traffico di sostanze stupefacenti. Una delle catture è stata effettuata a Foggia dai colleghi della Squadra Mobile pugliese in quanto uno dei condannati si era nel contempo trasferito. Solo uno risulta tuttora irreperibile perché si è allontanato dal territorio nazionale ma vi sono indagini in corso per l’individuazione.

Nel mese di luglio la prima sezione penale della Corte d’Appello di Catania aveva riformato le sentenze di primo grado emesse dal gup del Tribunale di Catania, Santino Mirabella, il 29 giugno del 2016 condannando i 13 imputati a 157 anni, 9 mesi e 20 giorni di carcere, rispetto ai 96 anni e 4 mesi del primo grado. Si tratta – come ha riportato a luglio il Giornale di Sicilia – del filone principale dell’operazione antidroga “Agnellino” che venne messa a segno ad aprile del 2014 nel Ragusano. La sentenza era stata appellata dalla procura generale e dal pubblico ministero, Valentina Sincero, che non aveva visto accolta l’aggravante dell’associazione. Tredici gli imputati sottoposti al giudizio di secondo grado. La pena maggiore è stata inflitta ad Emanuele Firrisi 68 anni di Comiso – difeso dagli avvocati Nunzio e Salvatore Citrella – che in continuazione con un’altra condanna, dovrà scontare 22 anni e sei mesi di carcere (il gup gliene aveva inflitti 14 e 32mila euro di multa) Lui assieme ad Antonino Ferrante – difeso dall’avvocato Maurizio Catalano – condannato a 20 anni di reclusione (il gup aveva inflitto 6 anni ed 8 mesi di carcere oltre a 26mila euro di multa), è ritenuto essere stato il promotore/capo dell’associazione che si sarebbe occupata di spacciare la droga che proveniva dall’Albania. Grossi i quantitativi intercettati. Corrado Bellassai, 44 anni, difeso dall’avvocato Maria Carmela Manenti ha rimediato la condanna a 11 anni e 8 mesi di reclusione (6 anni e 8 mesi oltre a 28 mila euro di multa in primo grado); Pieruccio Boschi, 59 anni di Scicli, difeso dall’avvocato Alessandro Agnello, 14 anni e 4 mesi (da 6 anni e 8 mesi); Rita Cangialosi 48 anni, difesa dall’avvocato Maria Isabella Coppola del Foro di Catania, è stata condannata a 14 anni, sei mesi e 20 giorni (da 7 anni e 4 mesi); Giovanni Errigo 54 anni di Comiso, difeso dall’avvocato Maurizio Catalano, 14 anni, due mesi e 20 giorni (da 7 anni, 2 mesi e 20 giorni di carcere e 26 mila euro di multa); Michele Firrisi, 28 anni di Comiso, difeso dall’avvocato Salvatore Citrella dieci anni e 4 mesi (da 8 anni e 26 mila euro); Salvatore Incremona, 61 anni di Comiso, difeso dall’avvocato Maurizio Catalano 10 anni e 4 mesi (da 8 anni e 28 mila euro di multa); Giuseppe Lauretta, 33 anni di Comiso, difeso dall’avvocato Catalano, 9 anni (da 7 anni e 4 mesi); Sebastiano Occhipinti, 65 anni di Santa Croce, difeso dall’avvocato Enrico Platania, 8 anni di reclusione (da 6 anni e 8 mesi); Giuseppe Saccone 43 anni di Vittoria, difeso dall’avvocato Maria Carmela Manenti, 8 anni di carcere (da 6 anni e 8 mesi); il trentenne albanese Sheptim Xeka, residente a Santa Croce Camerina, difeso dall’avvocato Rocco Di Dio, 8 anni, 10 mesi e 20 giorni (da 5 anni, 6 mesi e 20 giorni oltre a 26 mila euro di multa); L’unica pena ridotta perché esclusa l’aggravante associativa è per Ylber Xeka, 3 anni, 10 mesi e 20 giorni oltre a 16.000 euro di multa (da 5 anni, 6 mesi e 20 giorni oltre a 26 mila euro di multa); anche lui era difeso dall’avvocato Rocco Di Dio. L’associazione criminale che in appello quindi viene riconosciuta, importava dall’Albania grossi quantitativi di cocaina e marijuana per rivenderla al dettaglio nella provincia ragusana. E indagini condotta dalla Squadra mobile di Ragusa e dagli uomini del commissariato di Comiso, sono iniziate a giugno del 2011. Erano dediti alla pastorizia, alcuni membri dell’organizzazione, e per indicare un chilo di droga nelle comunicazioni, dicevano la parola “agnello”. Da qui il nome dell’operazione. corrispondente ad un chilo di sostanza stupefacente. 

Ora la Corte d’Appello, inoltre, ritenendo sussistente ed attuale la pericolosità sociale ed il pericolo di reiterazione nel reato da parte degli imputati, ha emesso una nuova ordinanza applicativa di misura cautelare, eseguita dalla Polizia.