Usura, tre donne ai domiciliari: indagini partite dal suicidio di un ex direttore di Posta

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Immagine di repertorio

Neri Maria ConcettaI Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Modica, alle prime luci dell’alba hanno eseguito tre ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari emesse dal GIP del Tribunale di Ragusa su richiesta del Pubblico Ministero Dott.ssa Valentina Botti per i reati di usura aggravata in concorso, illecita attività d’intermediazione finanziaria senza iscrizione negli albi e minaccia aggravata.

L’operazione denominata “Donne d’affari” ha condotto all’arresto di tre donne:

Eleonora Brafa, 40 anni, Giovanna Imbergamo, 62 anni, Maria Concetta Neri, 59 anni.

L’attività d’indagine iniziò nel giugno 2016 a seguito del suicidio di  Guglielmo Delibera, trovato morto per impiccamento nella sua casa di Marina di Modica, già direttore delle Poste di Scicli, particolarmente noto in Paese. Quell’episodio, risultato inizialmente di difficile inquadramento e che destò scalpore nella comunità, trovò spiegazione nelle successive attività info-investigative svolte dai Carabinieri del Nucleo Operativo di Modica. Dopo le prime captazioni informative colte dal territorio, vennero riscontrati numerosi contatti del defunto con Neri Maria Concetta, una delle donne sottoposte a misura cautelare e designata dalle fonti quale soggetto dedito a prestare denaro a tassi usurari.

Dallo sviluppo degli elementi investigativi è emerso il ruolo delle tre donne, di cui due sono madre e figlia.

Brafa EleunoraI reati contestati sono frutto della costituzione di un radicato sistema di concessione di prestiti di denaro a tassi di interesse usurari.

Sfruttando lo stato di bisogno di soggetti meno abbienti – quali agricoltori, commercianti, artigiani, casalinghe ecc – che versavano in disastrose condizioni economiche e stretti dalla necessità di avere somme di denaro per far fronte a pregressi debiti, essendo protestati, le tre donne si sono poste quali punto di riferimento per tali persone al fine di elargire crediti e prestiti facili, pretendendo un tasso di interesse oscillanti dal 20% sino ad arrivare al 60%.

Per gestire i loro affari illeciti e per convincere le vittime ad onorare i debiti, le tre donne non esitavano a ricorrere a pesanti minacce facendo riferimento anche all’intervento di “amici di Catania”, ricordando loro che comunque: “dietro le donne ci sono gli uomini”.

Gli approfondimenti investigativi, operati tramite attività tecniche, servizi di osservazione e pedinamento fornivano chiare ed incontrovertibili indicazioni sulle modalità con cui le donne riuscivano a contattare le vittime in stato di grande disagio economico, per offrire del denaro a tassi usurari, oppure la propria mediazione con finanziarie ed istituti di credito al fine di ottenere prestiti.

Imbergamo GiovannaNel corso delle indagini con il coordinamento della Procura della Repubblica venivano eseguite delle perquisizioni nei loro confronti che permettevano di sequestrare copiosa documentazione (assegni, cambiali, copie di contratti di prestiti, ricevute di pagamento ecc.), che forniva evidente riscontro alle ipotesi dei reati perseguiti, nonché di assicurare le prove, nel timore che le indagate potessero distruggerle o alterarle. L’esame della documentazione sequestrata faceva emergere che le indagate oltre a concedere prestiti a tassi usurari nei confronti di diverse persone, operavano illecitamente nella mediazione creditizia e finanziaria, traendone cospicui guadagni illeciti, in danno delle vittime.

In sostanza le tre erano dedite non solo ai prestiti usurari tradizionali ma, come emerso anche nel corso dei dialoghi intercettati, anche ad un’attività di mediazione creditizia e quindi finanziaria illecita. In particolare il meccanismo attuato dalle tre donne verteva nel procacciare clienti da condurre ad alcune finanziarie da loro prescelte, per far sì che ottenessero dei prestiti che le vittime non potevano regolarmente ottenere in quanto già protestate o considerate “cattivi pagatori”. In cambio per aver fatto ottenere loro il prestito, ricevevano esosi compensi in denaro i quali venivano corrisposti a tasso usuraio. Le vittime dunque, corrispondevano una percentuale in denaro per il solo fatto di aver ottenuto il prestito, somma che alimentava il costo del prestito stesso facendolo diventare a tasso usurario. È emerso ancora che per portare a buon fine le pratiche dei finanziamenti le stesse, mantenevano contatti con alcuni impiegati di fiducia presso le finanziarie ai quali erogavano delle ricompense in denaro provenienti dalle somme che gli usurati versavano. Gli impiegati infatti riuscivano per brevi periodi, ad “oscurare” le posizioni creditizie delle vittime in modo che non venissero messe in evidenze il loro stato debitorio.           

A supporto delle indagini tecniche, venivano escusse diverse vittime, molte delle quali confermavano di aver accettato, perché costrette dalle gravi condizioni economiche in cui versavano, e dalla grave situazione debitoria con banche, finanziarie dalle quali avevano già ottenuto mutui che non riuscivano ad estinguere. Le stesse manifestavano, nel corso delle dichiarazioni, un forte senso di liberazione dalle pressioni subite negli anni, in riferimento alla loro condizione. Altre invece, colte da rimorsi di coscienza quasi manifestando una sorta di sindrome di Stoccolma, mostravano dei sentimenti positivi nei confronti delle indagate, considerandole le uniche persone che erano riuscite ad aiutarle e a sollevarle dalle gravi condizioni economiche in cui versavano. Alcune di queste, peraltro, si rivolgevano alle due donne anche per ottenere esigue somme di denaro per far fronte alle necessità di vita quotidiana.

Le risultanze delle indagini convalidate dall’Autorità Giudiziaria hanno fatto emergere una importante

Il Giudice per le indagini preliminari, concordando con le richieste del Pubblico Ministero, rassegnate dai Carabinieri di Modica ha emesso le odierne misure cautelari