«Questi non sono criminali. Fino a prova contraria sono dei giovani che non hanno danneggiato lo Stato, anzi lo hanno aiutato con il loro lavoro. Hanno rischiato la propria pelle, senza un contratto di lavoro».
L’avvocato Rocco Di Dio, del Foro di Catania, difende Davide Di Vita e altri due indagati nell’ambito dell’Operazione «Efesto» Vigili del fuoco volontari, il legale di Di Vita: “Trattati da criminali, ma non lo sono” condotta dalla Squadra mobile della Questura di Ragusa con il coordinamento della Procura della Repubblica. Il quarantaduenne di Vittoria è ai domiciliari, mentre altri quattordici colleghi sono indagati a piede libero. Per tutti e quindici i vigili del fuoco volontari del distaccamento di Santa Croce Camerina l’accusa è di truffa ai danni dello Stato, per alcuni anche di incendio boschivo. Davide Di Vita è stato sentito dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ragusa, Claudio Maggioni, e ha risposto a tutte le domande del magistrato, non avvalendosi della facoltà di non rispondere.
«Ha respinto ogni accusa – spiega il legale –, ha anche prodotto la documentazione per comprovare l’estraneità ai fatti». Secondo l’accusa, Di Vita, insieme ai quattordici colleghi, avrebbe messo su un sistema per guadagnare i dieci euro l’ora previsti anche quando in realtà non c’erano interventi da fare. L’avvocato Di Dio preferisce non entrare nel merito della questione, che verrà affrontata nelle sedi giudiziarie: nei prossimi giorni verrà depositata al Tribunale della libertà la richiesta di riesame del provvedimento restrittivo. Ma il legale si mostra molto critico sull’eco che la notizia ha avuto, e su come è stata divulgata dalla questura.
«È strano che l’arresto è avvenuto il tre e la notizia è stata data solo quattro giorni dopo. È stato preparato un video con dovizia di particolari, che sembra si tratti di un delinquente. Voglio ricordare che Di Vita è un soggetto assolutamente incensurato e, fino a prova contraria, nessuno di quella squadra è un delinquente».
Il legale poi chiarisce: «Non è vero che tutti o quasi tutti hanno ammesso responsabilità. C’è solo uno dei quindici indagati che ha espresso dichiarazioni eteroaccusatorie e autoaccusatorie. Non ci sono altre dichiarazioni in tal senso da parte di altri soggetti, né le intercettazioni possono essere lette o interpretate in questo modo». E infine ribadisce: «Sono finiti in un calderone, una gogna mediatica, dimenticando che sono persone delle quali lo Stato si è servito in lunghi anni di collaborazione volontaria. Hanno fatto il loro dovere senza un contratto di lavoro, sono andate a rischiare la pelle.
Va bene l’inchiesta, ma è davvero un’esagerazione per com’è venuta fuori la notizia. Finire sulle prime pagine dei giornali di tutta Italia e anche all’estero è davvero sproporzionato».
[Fonte Giornale di Sicilia]