“A voi tuttologi ricordo che i colleghi dei distaccamenti volontari operano con mezzi obsoleti, quindi poco sicuri, i colleghi volontari hanno divise e d.p.i. di vecchia foggia, i colleghi volontari hanno carenza di autisti, carenza di Capi squadra, i colleghi volontari come i discontinui hanno i contributi versati sino al 2015, i colleghi precari negli ultimi giorni hanno percepito le spettanze del 2016”. Scriveva così, il 23 luglio scorso su Facebook, un Davide Di Vita che si definiva “amareggiato”. Si tratta del vigile del fuoco volontario responsabile del turno D del distaccamento di Santa Croce Camerina ora agli arresti domiciliari in attesa degli interrogatori di garanzia. Il provvedimento per lui è scattato al termine delle indagini condotte dalla Squadra Mobile di Ragusa e partite dalla segnalazione del Comando provinciale dei Vigili del fuoco, anche dopo le ‘lamentele’ di alcuni volontari dello stesso distaccamento che avevano notato anomalie in questo turno, rispetto agli altri tre che lavoravano molto di meno. Per questa vicenda, com’è noto, ci sono altri 14 indagati e Codacons e Legambiente si dichiarano parti offese e chiedono pene esemplari.
Per chi ama e si spende per la tutela dell’ambiente, ma anche semplicemente per chiunque abbia un po’ di buon senso, è facile condannare seduta stante queste 15 persone, massacrarle, metterle alla gogna, augurarsi che si faccia giustizia. Anche la mia prima, istintiva, reazione da cittadina che si adira non appena vede una cartaccia lanciata per terra è stata quella di dire “Marciscano in galera!”. Sfugge, però, un piccolo dettaglio.
Premesso che alla polizia e al comando dei vigili del fuoco va un plauso per il lavoro fatto e per aver messo da parte le mele marce, vale forse la pena precisare, dato il difficile periodo che stiamo vivendo, con incendi devastanti da un lato all’altro dello Stivale, che le persone in questione, almeno per quanto risulta finora, non hanno mai causato grossi incendi, ma solo roghi di sterpaglie, spazzatura e canneti. E fino al 2016, quindi nulla a che vedere con i roghi di questa estate. Certo, è il gesto in sé che fa molta rabbia: se butti via una sigaretta o un artifizio pirotecnico con l’intento di scatenare le fiamme, chissà cos’altro potresti essere in grado di fare. In siciliano c’è un detto che recita “Acqua e fuocu, dacci locu”, che tradotto significa più o meno “non ti fidare né dell’acqua né del fuoco, perché in un attimo la situazione può sfuggirti di mano”. Ai 15 volontari questo sembrava non interessare. Hanno attaccato la nostra terra, quella nella quale viviamo e che vorremmo ospitasse degnamente, un giorno, anche i nostri figli e i nostri nipoti, consapevoli del fatto che la situazione da un momento all’altro sarebbe anche potuta degenerare. E non stiamo parlando di delinquenti ai margini della società. Allora perché? Atteso che non si tratti di folli piromani in cerca di quell’adrenalina che sale alla vista delle fiamme, forse vale la pena cercare di capire le ragioni dietro l’inspiegabile.
Il post a firma di Davide Di Vita continua così: “Il Vigile del Fuoco, quello vero, non avrebbe mai detto o fatto nulla contro i colleghi, ma oggi noi siamo solo numeri a convenienza. Oltre la divisa ci sono padri e madri di famiglia”. Che cosa stava cercando di dire? Cercava giustificazioni al suo stesso operato?
Dieci euro l’ora: tanto guadagnano i pompieri volontari. Alcuni lo fanno solo per spirito di servizio, altri perché sperano in uno sbocco professionale. La maggior parte di essi svolge quest’attività come lavoro secondario, ma per altri è l’unica fonte di sostentamento. E se non arrivano richieste di soccorso? Nell’ordinanza a firma del GIP del tribunale di Ragusa, Andrea Reale, si legge testualmente: “In assenza di interventi i volontari non percepiscono alcuna indennità anche se, magari, hanno espletato il loro servizio permanendo per un intero turno all’interno del Distaccamento. Nei mesi invernali, essendo notevolmente ridotte le esigenze di servizio, può capitare che i vigili del fuoco volontari per interi turni non effettuino alcun intervento e quindi non percepiscano alcuna indennità”.
Non solo nessuna certezza per il proprio futuro lavorativo, dunque, ma nessuna certezza nemmeno su quanto si intascherà alla fine del turno. Potrebbe essere stato questo a far scattare il click diabolico?
Non esistono attenuanti per le 15 persone indagate. Hanno truffato lo Stato, e di conseguenza noi tutti, intascando quanto non spettava loro di diritto, e si sono decisamente spinte oltre. E’ quindi giusto che paghino, anche come forma di rispetto nei confronti di quanti hanno sempre operato onestamente in una realtà come quella del distaccamento di Santa Croce, costantemente in bilico tra chiusura e riapertura. In fondo, è come se un giornalista al quale manca la notizia di apertura andasse a compiere una rapina o commissionasse un delitto: assurdo, impensabile.
Da questa vicenda usciamo tutti un po’ sconfitti, perché vittime di un sistema che forse andrebbe rivisto, così come dalle parole delle intercettazioni ci sentiamo tutti presi in giro. La stampa nazionale e internazionale ci ha sbattuto in prima pagina, personalmente chissà quante volte ho riportato le notizie di questi roghi, limitandomi a scrivere: “In fiamme sterpaglie e macchia mediterranea, sul posto i vigili del fuoco del distaccamento di Santa Croce Camerina che hanno subito domato il rogo”. Le classiche frasi di circostanza che si scrivono in casi come questi, senza minimamente immaginare cosa ci fosse dietro.
Fa rabbia, tanta. Ma nessuno di noi è puro al punto di condannare tout court. Gli interrogativi, invece, sono legittimi. Chiediamoci perché un pompiere diventi un incendiario, e perché un padre si trasformi in un piromane. Ai 15 volontari ci penserà la giustizia. Quella terrena, e anche quella divina. Per chi ci crede.