Operazione ‘Efesto’, la Polizia arresta il caposquadra Di Vita

118

Ecco la nota della Squadra mobile

La Polizia di Stato – Squadra Mobile – arresta, su mandato della Procura della Repubblica di Ragusa, Davide Di Vita, vittoriese di 42 anni, accusato di aver fatto parte di un gruppo di 15 volontari dei Vigili del Fuoco del distaccamento di Santa Croce Camerina che, al fine di percepire indebite somme di denaro, appiccava incendi e simulava richieste di intervento.

Tutti e 15 i volontari provenienti dalla provincia di Ragusa sono indagati per truffa ai danni dello Stato italiano ed una parte di essi per incendio. Il Pubblico Ministero titolare delle indagini ha richiesto al Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Ragusa la misura cautelare nei confronti di tutti e 15 gli indagati. Considerato il lasso di tempo trascorso dalla commissione degli ultimi fatti reato (2015), il Giudice ha valutato l’esistenza di un’attuale pericolosità solo nei confronti del capo del gruppo e non per tutti gli altri, ferme restando le fonti di prova acquisite e la sussistenza dei gravi indizi a carico di tutti i volontari indagati.

LA GENESI DELLE INDAGINI

I Vigili del Fuoco del Comando Provinciale di Ragusa, nel maggio del 2015 segnalavano alla Squadra Mobile alcune anomalie connesse a delle incongruenze sulle schede di intervento redatte dal personale volontario del distaccamento di Santa Croce Camerina.

Acquisiti gli elementi dal Comando, gli uomini della Squadra Mobile informavano immediatamente la Procura della Repubblica iblea ed avviavano un’indagine accurata al fine di verificare l’esistenza di fatti reato.

LE INDAGINI

Le indagini dovevano intanto chiarire il motivo di delle richieste probabilmente simulate per poi individuare gli elementi vulnerabili del gruppo criminale e quindi individuare i responsabili.

Presso il distaccamento prestavano servizio, suddivisi in 4 turni, decine di volontari e tra gli altri i 15 indagati tutti nella stessa squadra.

Anche se volontari, gli uomini del distaccamento percepiscono delle indennità ma solo quando effettuano gli interventi, diversamente, se restano presso la caserma, non hanno diritto ad alcun rimborso.

La prima anomalia riscontrata che ha permesso l’avvio delle indagini era da individuare sul numero degli interventi effettuati dal turno “D”. Rispetto agli altri volontari, gli indagati operavano per 3 volte in più. A dispetto di 40 interventi di una squadra, loro ne effettuavano 120 creando malumore per alcuni e volontà di aggregarsi in altri, così da ottenere più denaro.

Gli investigatori della Squadra Mobile, appurato il movente, ovvero ottenere indebite percezioni di denaro per interventi simulati o addirittura generati dolosamente, avevano l’obbligo di interrompere immediatamente l’iter criminis al fine di scongiurare eventi dannosi irreparabili, considerata l’estrema gravità di quanto messo in atto dagli indagati e soprattutto la pericolosità degli incendi che non sono, per loro stessa natura, “controllabili”.

Le indagini condotte dalla Squadra Mobile, con il fondamentale e prezioso aiuto dei Vigili del Fuoco, hanno permesso di appurare quale fosse il modus operandi del gruppo criminale. I componenti del turno “D” erano conosciuti da tutti gli altri colleghi che operavano onestamente e la loro avidità ha permesso di far emergere le condotte criminali poste in essere.

  • Una modalità messa in atto era quella di simulare degli interventi mediante segnalazioni inesistenti alla centrale operativa del 115.

  • In altre occasioni, i volontari, chiedevano “aiuto” a parenti ed amici, ottenendo così segnalazioni da parte loro del tutto inesistenti, così da percepire le indennità previste per gli interventi.

  • La terza e più grave tipologia di truffa ai danni dello Stato era quella di appiccare incendi a cassonetti e terreni.

Scandagliando le singole modalità messe in atto, emergeva che gli indagati fossero talmente avidi di denaro che non si preoccupavano di utilizzare i loro stessi telefoni cellulari per simulare le richieste. L’esame dei tabulati telefonici delle utenze a loro in uso ha permesso di appurare che molti avevano effettuato, nel periodo 2013/2015, numerose segnalazioni false. Le richieste erano anche non verificabili, difatti segnalavano la presenza di “animali vaganti” così da non dover giustificare utilizzo di acqua o altri sistemi di spegnimento e soprattutto nessuno avrebbe potuto constatare la reale esistenza di animali che nel contempo avrebbero potuto lasciare la zona autonomamente.

Parenti ed amici venivano istruiti alla perfezione ma ogni tanto commettevano errori. Esaminando tutte le singole schede d’intervento si è riusciti scoprire la ripetitività di alcuni nomi, poi risultati di parenti (anche loro coinvolti nell’indagine) degli indagati così come alcuni numeri di telefono ripetuti ma cambiava il nominativo del richiedente.

La terza modalità di truffa ai danni dello Stato era sicuramente la più grave in quanto si configurava mediante incendi appiccati solitamente con artifizi pirotecnici.

Più era vasto l’incendio e più avrebbero impiegato per spegnerlo; ciò che mettevano in atto non poteva essere controllato. Gli incendi, per loro stessa natura, non solo controllabili ma vengono alimentati dal vento e dalle condizioni climatiche in generale quindi, per volontà degli indagati venivano create condizioni di gravissimo pericolo.

Una volta chiarito il sistema creato dagli indagati, gli agenti della Squadra Mobile installavano, grazie alla collaborazione del Comando Provinciale, sistemi di localizzazione gps sulle autobotti ed i mezzi dei Vigili del Fuoco, così come sulle auto in uso agli indagati.

Questa tecnica investigativa ha permesso di appurare che Di Vita, con la complicità degli altri volontari, durante il turno di servizio, a bordo della sua auto si allontanava dal distaccamento di Santa Croce Camerina, appiccava l’incendio o effettuava una segnalazione falsa, poi rientrava in caserma ed aspettava che la centrale operativa del 115 li inviasse sul posto.

Il modus operandi messo in atto era infallibile in quanto la sala operativa del Vigili del Fuoco era sempre pronta ad inviare in soccorso il personale di servizio più vicino al luogo segnalato, quindi anche i volontari.

Oltre ai sistemi di pedinamento c.d. elettronico, la Procura della Repubblica di Ragusa autorizzava le intercettazioni di tutti gli indagati.

Fondamentali ulteriori fonti di prova venivano acquisite con quest’altro strumento investigativo, difatti gli indagati commentavano i diversi incendi dolosi appiccati o le simulazioni di richieste di aiuto da parte di inesistenti cittadini.

Al fine di porre subito un freno a questa pericolosissima attività criminale, gli indagati venivano convocati in ufficio e venivano loro contestate le numerose violazioni del codice penale.

Quasi tutti ammettevano le proprie responsabilità durante gli interrogatori, delineando, in modo ancora più chiaro, quanto già constatato con le indagini della Squadra Mobile.

Anche negli uffici della Polizia di Stato venivano intercettati i colloqui tra gli indagati e per loro stessa ammissione e reciproche accuse, emergevano e venivano cristallizzate ulteriori fonti di prova “loro sanno tutto, sanno che abbiamo dato fuoco”.

Gli indagati hanno commesso i reati prevalentemente nel territorio di Santa Croce Camerina luogo dove insiste il distaccamento dei Vigili del Fuoco volontari ma anche in altri territori vicini.

I fatti reato sono stati immediatamente interrotti per espressa volontà della Procura della Repubblica proprio per la pericolosità di quanto messo in atto dagli indagati. Questa scelta immediatamente eseguita dalla Squadra Mobile, ha interrotto la condotta criminale e quindi il GIP, in sede di valutazione delle esigenze cautelari, ha ritenuto di non applicare una misura restrittiva della libertà personale per 14 dei 15 indagati in quanto i fatti reato erano del 2015. Diversamente ha valutato la posizione di Di Vita Davide sottoponendolo agli arresti domiciliari perché ha continuato a reiterare il reato. Proprio quest’ultimo ha manifestato di possedere una capacità criminale spiccata e di non temere in alcun modo le conseguenze delle condotte poste in essere. Addirittura, in una occasione, Di Vita asseriva di voler “fare scoppiare una bomba” pur di prendere le indennità spettanti in caso di riparazione dei mezzi di soccorso che non volevano concedergli perché non si trattava di un soccorso.

Gli indagati sono stati allontanati dal distaccamento e sono tutti residenti in provincia di Ragusa, parte a Vittoria, Santa Croce, Ragusa e Modica. Quasi tutti svolgono un’attività lavorativa anche se spesso non assunti regolarmente.

Di Vita è stato arrestato durante l’attività lavorativa come addetto all’assistenza tecnica di impianti refrigeranti. Il volontario non ha opposto alcuna resistenza ed essendo a conoscenza dell’attività investigativa condotta non si è meravigliato quando ha visto gli agenti della Squadra Mobile di Ragusa.

La Polizia di Stato, grazie all’input investigativo del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco ed alla collaborazione investigativa, è riuscita ad individuare fonti di prova incontestabili a carico di 15 volontari che al fine di percepire indennità non dovute hanno messo a rischio il sistema d’emergenza creando gravissimi pericoli per l’incolumità pubblica”.