“Anche il silenzio è complice”: con questa consapevolezza ci si è riuniti (con ampia partecipazione di presbiteri e di fedeli malgrado il periodo estivo) martedì 25 luglio nel Santuario della Madonna delle grazie di Modica per una veglia di preghiera per i sacerdoti rapiti nella diocesi gemella di Butembo-Beni, animata dalla comunità missionaria intercongregazionale. “Anche ‘il silenzio è complice’ di fronte, non solo al rapimento dei padri Charles Kipasa e Jean Pierre Akilimali, ma anche di fronte alle tante guerre – dice Maurilio Assenza, direttore della Caritas diocesana di Noto – che attraversano l’Africa: dal Sudan alla Somalia con milioni di rifugiati, dall’Eritrea con un regime dittatoriale con centinaia di migliaia di giovani in fuga verso l’Europa al Centrafrica in piena guerra civile, dalla Libia al Congo. E inoltre trenta milioni di persone che rischiano la morte per fame nella peggior crisi alimentare degli ultimi cinquant’anni: i cambiamenti climatici stanno rendendo inabitabile tre quarti del territorio africano e noi occidentali continuiamo a mandare armi (lo scorso anno l’Italia ha esportato armi per 14 miliardi di euro)”.
Man mano che si leggevano questi dati si accendevano dei lumini, chiedendo il fuoco dello Spirito per restare ardenti, sensibili, appassionati. Ascoltando quindi nelle letture bibliche lo sconforto di Geremia e l’invito di Gesù a non temere nelle prove, quasi a dire come nei fatti della storia Dio si rende partecipe, assumendoli e aprendo vie di speranza, di una speranza “a caro prezzo”.
È seguita la testimonianza di Concetta Petriliggieri, missionaria modicana in Congo, che ha invitato a leggere quanto sta accadendo ai due preti di Butembo-Beni ma anche a tutta l’Africa come segni di Dio che ci invita a guardare il mondo, ad accorgerci del mondo. Con ulteriori drammatici dati: solo negli ultimi nove mesi ci sono stai 3000 morti e 1000.000 di rifugiati, si sono trovate 50 fosse comuni, sono stati distrutti 20 villaggi, profanate 60 parrocchie, assaltate 141 scuole. E questo, per regioni come il Nord Kivu, va moltiplicato per 23 anni, e non si vede la fine delle violenze. I vescovi del Congo hanno con forza gridato contro i potenti che opprimono un popolo martoriato, che continua però ha mostrare una grande generosità: se milioni sono gli sfollati, ogni casa poverissima si apre a loro e si condivide quel poco che si fa. Perché tutto questo? La sfortuna del Congo è quella di essere un paese ricchissimo di materie preziose (dai diamanti al coltan) che lo rende appetibile ai potenti del mondo, in un vuoto di governo (si attendono elezioni ma non si sa quando). “L’invito del Signore – ha sottolineato Concetta – diventa quello di combattere il male guardandolo negli occhi, come Gesù senza diplomazia verso i potenti e con fiducia nella possibilità di far prendere coscienza dal basso alla gente. Tra cui dovremo collocarci prendendo coraggio!”.
E nella preghiera finale l’invocazione è stata chiara, aiutati dalle parole del santo vescovo don Tonino Bello: “Scuotici dall’omertà. Liberaci dalla tristezza di non saperci più indignare per i soprusi consumati sui poveri. E preservarci dalla tragedia di dover riconoscere che le prime officine della violenza e dell’ingiustizia sono ospitate nei nostri cuori”.
E per la Chiesa si è chiesto: “Donale di non arrossire mai della Croce, ma di guardare ad essa come all’antenna della sua nave, le cui vele gonfi di brezza e spingi con fiducia lontano”. “La veglia – conclude Maurilio Assenza – allora continua: all’uscita era bello vedere alcuni che andavano per incontrare gli immigrati indiani e gli animatori del Grest Crisci ranni che, dopo quaranta giorni di servizio generoso, pensavano a ulteriori momenti, ad agosto, per continuare a intessere rapporti di servizio con la città e il mondo. Anche in estate la solidarietà non va in ferie… e questo diventa piccolo ma significativa partecipazione alle sofferenze e speranze del mondo”.