Una cattedrale stracolma di gente come fosse la festa del patrono per dare l’ultimo saluto a Enzo Criscione.
“Sento che mi tocca. Ce la devo fare… facebook, i giornali, la chiesa come uno stadio: non mi sorprende, meritavi di più. E non posso dire che ora viene il bello, perché il bello sei stato tu. 59 anni tutti di filata, non ti si può arrivare, ce l’ho messa tutta.. anche il resto della famiglia ha fatto la sua parte. Sento di ringraziarti, di chiederti scusa per tante situazioni in cui ho attinto male, ma ho attinto”. Un saluto commosso e carico di affetto da parte del fratello, che ha aggiunto: “Non si deve voltare pagina, sei tu la pagina del libro… il libro… me l’hai ripetuto fino a farmelo odiare… di carta stampata, di calcio, della famiglia, di noi hai fatto una ragione di vita… Dovevi essere al matrimonio di Martina, ma ci sarai lo stesso, col garbo e la classe che non possiamo imitare… Ci guarderai dall’alto, un passo in più… sei un grande, mi mancherai e ci mancherai… Il male ha vinto un corpo, ma non ha fatto altro, povero male, stupido male… tu sei rimasto quello di sempre, il grande, lo speciale…”.
Anche il genero ha voluto ricordare il suo “smisurato amore per Ragusa e per i Ragusani”. “L’unica tua preoccupazione erano gli altri, anche quando eri in ospedale… Posso testimoniare il mio orgoglio per essere entrato nella tua famiglia, posso testimoniare la persone perbene che eri, gentile, docile fino alla fine nel ricevere le cure. Degno figlio di tuo padre, uomo di classe di altri tempi…”.
Il saluto più difficile quello dei figli. Si sono seduti sui gradini del presbiterio. “Ciao Papà, pensavo di averti conosciuto, pensavo di sapere l’uomo che sei… invece… in questi due giorni mi hai dato l’ultimo insegnamento nella vita. Per essere amati e voluti bene occorre essere prepotenti, arroganti e la gente così ti stima… invece no, mi hai fatto capire altro, che esistono i modi garbati, i gesti cordiali, le parole sottovoce… ma come si fa a perdere un padre come te? Un uomo come te?” – ha detto il figlio. Poi la figlia: “A nome di mio papà grazie a tutti voi, lui l’avrebbe fatto… Ora, papà. prenditi cura della mamma, vi siete amati per 49 anni, mancava un anno per fare 50 anni, non ce l’abbiamo fatta, sostieni anche me… l’eredità che mi hai dato la custodirò nel mio cuore, ciao amore della mia vita”.
“Siamo qui per lodare il Signore per ogni frammento della vita che il nostro fratello Enzo ha condiviso con noi specialmente quei momenti nei quali abbiamo potuto ricevere l’amore di Dio attraverso un suo sorriso, attraverso una sua attenzione gentile, attraverso una parola di conforto. Questa è la vita di Dio che passa o attraverso un fiume in piena, che è la vita dei santi, o attraverso una sorgente di montagna che dà poche gocce d’acqua, ma quando c’è bisogno d’acqua fresca quanto sono preziose quelle gocce d’acqua: con un po’ di pazienza si riempie il palmo e si può bere!”.
Con queste parole monsignor Concetto Occhipinti, rettore del pontificio seminario di Roma, parente della famiglia Criscione, ha introdotto l’omelia per i funerali. Il sacerdote ha confidato: “Enzo ha voluto vedere un video della Madonna del Santuario di Gulfi, si è commosso: ha voluto ricevere Gesù nel sacramento dell’unzione, ha voluto ricevere Gesù nel sacramento del perdono e dell’eucarestia: ha ricevuto tutto il paradiso”. Cinque i sacerdoti che hanno officiato il rito. Tra questi anche i due francescani della parrocchia Sacra Famiglia a pochi metri dalla cartoleria di via Archimede.
Monsignor Occhipinti ha ricordato che Enzo: “Ha fatto della sua professione un luogo nel quale prima c’era la persone e poi il lavoro… e molti di voi possono testimoniare questo… possiamo essere diffusori dell’amore di Dio nei piccoli gesti di attenzione, di rispetto dell’altro, di perdono… Che Enzo ci aiuti con la sua testimonianza a potere dire che c’è più gioia nel dare che nel ricevere”.
Sulla bara una maglietta azzurra di quel Ragusa calcio al quale era legato profondamente e di cui aveva ricostruito la storia con certosina cura e grande passione e competenza. La stessa che ha sempre messo nella sua professione.