Piazza Matteotti gremita per il rito di ‘Crisci ranni’. Assenza: “Il rito pasquale della città”

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Al suono delle campane di tutte le chiese di Modica bassa, alle diciotto in punto di ieri, l’antico rito si è rinnovato con tutta la ‘freschezza’ della sua forza evocativa. ‘Crisci ranni, crisci ranni, crisci ranni’: per tre volte è stato scandito, mentre i papà e le mamme hanno alzato al cielo i loro figli in segno di ‘benedizione’. È stato don Gianni Treglia, missionario della comunità intercongregazionale che vive a Modica e opera a servizio dei migranti, a introdurre il rito di ‘Crisci ranni’, che ha riempito piazza Matteotti di genitori, bambini e giovani per un momento che diventa sempre di più un patrimonio della città. Un rito antico ‘recuperato’ in questi anni, con il coinvolgimento delle scuole. Sul palco tanti altri sacerdoti di Modica, tra i quali il vicario foraneo, don Umberto Bonincontro. Anche le autorità cittadine presenti in piazza: il sindaco, Ignazio Abbate, il vice sindaco, Giorgio Linguanti, e l’assessore ai Servizi sociali, Rita Floridia.

Don Gianni ha raccontato che in Africa, dov’è stato per diversi anni come missionario, c’è un rito analogo: l’adulto s’inginocchia accanto al bambino, per essere tutti e due alla stessa ‘altezza’, «per affrontare insieme la vita». Il pomeriggio è iniziato con un momento di animazione a cura degli animatori del cantiere educativo ‘Crisci ranni’. Poi una rappresentazione: il mito di Demetra e Persefone, a cura della compagnia ‘Hobby Actors’, con la regìa di Giovanni Peligra. Oltre tremila gli studenti delle scuole modicane che si sono preparati in questi mesi alla festa e al rito di ‘Crisci ranni’: dai bambini delle elementari ai giovani degli Istituti superiori. Sono stati proprio i piccoli alunni delle scuole primarie a decorare le tovaglie che hanno ‘impreziosito’ l’atrio comunale, dov’è stata allestita una grande tavolata: sono stati serviti dolci preparati dai genitori, del buon ‘pane cunzatu’ offerto da diversi panificatori della città e bibite fresche. Perché quest’anno il tema al centro della riflessione era proprio il cibo. Il mito di Demetra e Persefone, con cui gli antichi greci spiegavano la nascita, l’avvicendarsi delle stagioni e l’eterno rinnovarsi della vita da cui deriva il ritmo della crescita di ogni essere vivente, ha offerto lo ‘sfondo’ per approfondire ‘contenuti’ forti: il chicco, come Persefone, solo se viene sepolto nel buio profondo della terra può rinascere e permettere al germoglio di venire alla luce. Il tema del chicco di grano che richiama il racconto evangelico: morendo, porta frutto. Pure gli studenti delle medie e delle scuole superiori hanno approfondito questi temi: in particolare i più grandi hanno preso parte anche a un incontro con padre Giovanni Salonia sui significati del ‘cibo che nutre’. Quest’anno, infatti, oltre al momento del rito, sono state previste altre ‘tappe’ in preparazione alla festa. Una giornata di sano sport e divertimento, quella di venerdì, al campo comunale di contrada ‘Caitina’, con il calcio sociale, per recuperare la genuinità dell’educazione sportiva. Uno dei ragazzi, che aveva subito un fallo, ha risposto così all’insegnante che gli chiedeva di ‘reclamare’: «Professore non serve, non l’ha fatto apposta e mi ha chiesto scusa».

La festa di ‘Crisci ranni’, però, non si è conclusa ieri. Il rito si rinnoverà anche a Scicli, il 6 maggio). A Pozzallo, invece, si è tenuto il 22 aprile. «Crisci ranni è diventata la festa pasquale della città – spiega il direttore della Caritas diocesana di Noto, Maurilio Assenza -, per il processo corale che la prepara e la rende città che di anno in anno si sente coinvolta in passaggi di crescita silenziosi ma efficaci nel tempo, com’è stata per la resurrezione di Gesù. E quest’anno è molto bello il tema del cibo che dice insieme nutrimento, equilibrio, convivialità. Scoprendo come i bambini e i giovani avvertono l’esigenza di cibi buoni, noi adulti dobbiamo interrogarci ed essere all’altezza delle domande vere. E pensare con responsabilità il futuro della città, con una politica che nell’anno del cinquantesimo della morte di don Milani, diventi quello che i suoi ragazzi scrivevano: uscire da soli dai problemi è egoismo, uscirne insieme è politica».