Cosa fare per rispondere alla solitudine, malattia del nostro tempo? La risposta è la famiglia! Che è il grembo dell’abbraccio e della gioia. Così ha iniziato, all’incontro pastorale della diocesi di Noto, venerdì 28 aprile, il suo intervento Marco Giordano (docente di metodologia della ricerca sociale e referente per l’Ufficio nazionale della pastorale familiare e della Caritas italiana per le famiglie solidali ma anzitutto testimone, essendo con la moglie e i figli famiglia aperta e solidale).
Chiarendo subito che la famiglia è il luogo per eccellenza dell’abbraccio e della gioia, certo nella misura in cui questo si dice, si fa e soprattutto si vive. Gioia che i cristiani ricevono come dono dall’alto e che non possono trattenere. Ecco che la famiglia aperta è tout court la famiglia cristiana, la famiglia vera. Perché le famiglie aperte e solidali fanno spazio, e questo è il segreto di una famiglia felice. Aprire le porte della propria famiglia consente di non dover insegnare la solidarietà ai figli, perché la imparano già da come si vive la famiglia: non sappiamo il potere di resurrezione che c’è in un abbraccio. Man mano che Marco Giordana parlava, questi messaggi venivano appuntati e circolavano, a dire il riscontro dell’ampia assemblea ed anche come un incontro pastorale è un incontro in cui, se qualcosa risuona, diventa anche desiderio di condividere e concretizzare ciò che il cuore avverte come vero.
Si sono delineati, infatti, una cornice e possibili passi. La cornice è stata un intreccio di fiducia nella capacità della fede in Gesù di essere coraggiosi in un amore non eroico, e di consapevolezza di ciò che oggi la storia ci chiede: trovare un antidoto alla solitudine, malattia del nostro tempo, generata da un individualismo autoreferenziale che rende scarti – come sottolinea papa Francesco – gli anziani, i poveri, gli immigrati. Solitudine aggravata dalla corruzione del codice dell’amore, passato dal dono all’appropriazione, dal generare al consumare, dalla fedeltà sponsale alla frammentazione. Ed ecco che la risposta è la sponsalità intesa in senso ampio, come fedeltà e legame in tutti gli ambiti della vita. Ed ecco la chiamata delle famiglie a rendere “domestico” il mondo, come ama ripetere papa Francesco.
Dentro questa cornice si sono delineati passi, passi concreti, possibili, quotidiani. Superando alcune obiezioni, come quelle del tempo e della paura. Non si tratta di aggiungere cose ma di farle diversamente, di accorgersi di un anziano solo e invitarlo a cena e per questo trovare modi di avviare relazioni che permettano di accettare l’invito. Non si tratta di partire da situazioni troppo difficili ma dal compagnetto del figlio che ha difficoltà a scuola e quindi da uno che facilmente si può conoscere. E che sia possibile, e che stia già avvenendo l’hanno testimoniato Rosalba Puma, della parrocchia di Frigintini, e padre Gianni Treglia, della comunità missionaria. La prima ha parlato di come la parrocchia si è accorta della tristezza di due fratellini e di come ci si è mossi abbracciandoli con calore di famiglia. E padre Gianni ha raccontato di una donna immigrata che ha lottato per non abortire: solo l’attenzione di una famiglia le ha permesso di non restare sola. E della normalità con cui una famiglia si è resa disponibile perché un giovane papà e il suo bambino non siano, dopo la morte della moglie dopo la traversata del Mediterraneo, separati. E della figlia piccola della coppia che chiede di pensare prima che a una maglietta per lei alla tutina per il piccolo.
Pensando che sia normale e non comprendendo interrogativi di altri, che pure vanno a messa. Messa – ha sottolineato il vescovo Mons. Antonio Staglianò concludendo – che mai deve essere separata dalla vita. Ed è significativo che le recenti sperimentazioni della Caritas – contro l’insuccesso scolastico, rifugiato a casa mia – non mirino a nuove opere ma a rinnovati stili. Come l’antico vicinato, che certo ora va ripristinato organizzandolo come si fa per le cose a cui si tiene. Con tenacia, creatività, pazienza. E reciprocità, aiutando e chiedendo aiuto. Per evitare di stare troppo su, e mettersi veramente accanto, insieme.