In prevalenza giovani sotto i 35 anni, leggermente di più gli uomini. È la ‘fotografia’ scattata dalla Caritas nell’annuale report sull’immigrazione. È stato Giorgio Abate a presentare, questa mattina, agli studenti di alcune classi del Liceo Scientifico di Modica, i risultati dello studio del fenomeno immigrazione negli anni 2015 e 2016 nella diocesi di Noto. «Come dato quantitativo – spiega Abate – si evidenzia il superamento di quota 10.000 cittadini stranieri residenti: al 31 dicembre 2015, infatti, 10.058 cittadini stranieri erano residenti nei nove comuni della diocesi Noto (Avola, Pachino, Portopalo di Capo Passero, Rosolini, Modica, Ispica, Scicli e Pozzallo) rappresentanti il 4,56% della popolazione totale della diocesi. Un incremento significativo rispetto all’anno precedente in cui il numero dei cittadini stranieri residenti era di 9.378, pari al 4,26% della popolazione totale della diocesi nel 2014. Se da un lato cresce la popolazione straniera, dall’altro si ha una contrazione della componente italiana, numeri che trovano conferma nel saldo naturale e nel saldo migratorio dei nove comuni quasi sempre negativi per quanto riguarda la componente italiana e quasi sempre positivi per quanto riguarda la componente straniera. Possiamo dunque affermare che anche nei nove comuni della diocesi di Noto l’immigrazione ha un ruolo nel compensare il calo demografico della componente italiana».
Rispetto al dato nazionale la presenza della popolazione straniera della diocesi si assesta su una presenza media del 4,56%, ancora distante dall’8% del dato nazionale. Fanno eccezione Ispica, che già nel 2014 era in linea con il dato nazionale e nel 2015 è cresciuta di oltre un punto arrivando ad percentuale del 9,33%, e il dato di Scicli giunto al 7,8%. C’è una lieve prevalenza degli uomini. «Nei dati comunali sono i comuni di Ispica e Pachino – ha detto Abate – a marcare una significativa differenza di genere a favore di quello maschile probabilmente giustificabile con una presenza significativa di stranieri maschi impiegati nei settori agricoli. Dall’incrocio del genere con le fasce di età non emergono cambiamenti sensibili rispetto ai dati del 2014. La fascia d’età dei 18-35 anni si conferma quasi sempre la fascia più popolosa ad eccezione dei comuni di Modica e di Noto dove la fascia d’età più popolosa in entrambi i casi è quella inclusa tra i 36 e i 50 anni. I dati relativi alla nazionalità ci dicono che nella classifica delle prime cinque nazionalità presenti nei comuni compaiono sempre le nazionalità tunisina, rumena e polacca. Segue le nazionalità marocchina e poi la nazionalità albanese e cinese».
È stato il gruppo di Terre des hommes che opera a in provincia di Ragusa da giugno del 2015, ha presentato il lavoro che svolge in banchina al porto di Pozzallo, all’Hot Spot e alla Casa delle Cultura di Scicli con i minori migranti, con i nuclei familiari con minori e le donne in gravidanza. I tre operatori (la psicologa Marianna Cento, la sociologa Stefania Pellegrino e la mediatrice Khadija Elyamani) si occupano della cura della salute mentale e della promozione del benessere psico-sociale dei minori. Nel 2016 i tre operatori di Terre des hommes sono stati presenti in occasione di 40 sbarchi sui 55 che si sono registrati. Sono state 2.499 le persone a cui sono stati rivolti interventi di tipo psico-sociale, 133 quelle prese in carico in quanto soggetti vulnerabili.
Al ‘triage’, al momento dell’arrivo in banchina dei migranti, è stato fornito sostegno psicologico a 233 persone, 98 delle quali minori. Ansia, stress post-traumatico, depressione: sono i disturbi maggiormente riscontrati. Si opera spesso in condizioni non facili, dal momento che all’interno dell’Hot Spot non c’è un’area dedicata per questi interventi. Si usa allora un ‘tappeto giallo’ che costituisce una sorta di spazio in qualche modo ‘delimitato, entro il quale vengono svolte dinamiche diverse. «Disorientamento, difficoltà di comunicazione anche con gli altri operatori del centro spesso per via della lingua, difficoltà di ambientazione e di definizione della personalità. E ancora appiattimento della temporalità, vivendo una lunga situazione di attesa all’interno del centro. Su questi aspetti operiamo maggiormente – hanno spiegato le operatrici -. Poi ci sono i soggetti vulnerabili sotto l’aspetto psicologico, e in quel caso c’è una presa in carico, una segnalazione agli organi preposti per interventi diversi. Purtroppo, poi, coi trasferimenti in altri centri riesce difficile seguirli come si deve». I minori seguiti hanno per lo più dai 12 ai 17 anni, ma ci sono anche bambini più piccoli, in prevalenza di famiglie siriane. Alto è il numero di minori non accompagnati o con un solo genitore. La permanenza dei minori dei cosiddetti centri di prima accoglienza non dovrebbe superare i tre giorni, ma spesso si arriva anche a due mesi. La psicologa ha raccontato la storia di una nonna, fuggita da un Paese africano per salvare la nipotina dalle mutazioni genitali. «La mia speranza – ci ha detto – era mia nipote. E per lei ho affrontato questo lungo e pericoloso viaggio. Pensando a lei ho resistito nonostante violenze e pericoli».
Anche i religiosi della comunità missionaria hanno portato la loro esperienza di lavoro nella diocesi di Noto, accanto ai migranti.
Ad aprire l’incontro era stato il direttore della Caritas diocesana, Maurilio Assenza, che ha spiegato il senso di incontrarsi e conoscere da vicino, con gli studenti, questi dati, riuscendo ad andando oltre i dati: «Un mettersi in cerchio per cercare di capire. Perché davvero un altro mondo è possibile».