Il barone Arezzo e Mariannina Coffa, un’amicizia inedita raccontata da Stefano Vaccaro

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A dispetto della giovane età, Stefano Vaccaro coltiva con studio attento e appassionato la sua smisurata passione per la cultura. Una laurea in Beni culturali all’Università Cattolica di Milano, già numerose collaborazioni all’organizzazione d’iniziative culturali, in particolar modo a fianco dell’architetto Iacono con il quale ha curato la raccolta dei testi per la mostra a Donnafugata. Ma c’è una «chicca» che offre Vaccaro, un contributo prezioso per chi ama l’opera della poetessa netina Mariannina Coffa, vissuta nella metà dell’800. Una ricerca di documenti inediti che testimoniano il rapporto tra la poetessa e il barone Arezzo.

IMG_8855Come si conobbero?

«La conoscenza dell’Arezzo da parte della Coffa è attestata da due lettere scritte dalla stessa appartenenti al carteggio avuto con Giambattista Lupis; al nobile ragusano la poetessa chiese espressamente informazioni circa il baronello, vezzeggiativo con il quale fu solita identificare il senatore nelle sue missive. La prima di queste, scritta da Ragusa, riporta la data del 13 dicembre 1862 e fu indirizzata per l’appunto al Lupis al quale chiese se l’Arezzo si trovasse in quel periodo a Torino. Alla Coffa non dovette difatti sfuggire l’elezione del barone a deputato del Regno, avvenuta il 7 aprile 1861. Identificata la prima sede della Camera del Regno in Palazzo Carignano a Torino, comprensibile risulta la domanda della Coffa mossa al compare Lupis».

C’è un documento che sancisce definitivamente la reciprocità di amicizia e stima da parte del barone.

«Sì, è costituito dalla sottoscrizione, nel 1892, dell’atto finalizzato alla realizzazione di un monumento funebre a Mariannina Coffa nella città natale di Noto. Il prezioso documento, per moltissimi anni dimenticato tra le carte della biblioteca del Castello, mira a riscrivere i rapporti tra la poetessa e il barone che difatti figura tra i maggiori finanziatori del monumento, avendo versato insieme a Monsignor Vescovo e alla marchesa Maurigi la cifra di Lire 100, la più alta tra tutte le altre somme versate. Tale esborso risulta incomprensibile se le cause non sono da ricercare in un’amicizia, finora inedita, maturata nel tempo e in contesto culturale comune».

Cosa univa la giovane poetessa e il barone?

«Furono entrambi proiettati in un medesimo ambiente filo-massonico di stampo spiritico-esoterico. Note sono le amicizie della Coffa con i magnetisti Migneco e Bonfanti, medici che curarono i mali fisici e psichici della poetessa con tecniche quali il sonnambulismo, l’ipnotismo e il mesmerismo, la stessa Coffa si credette per molto tempo perduta tra spiriti, cabale e cose grottesche; allo stesso modo anche il barone Arezzo, massone, fu affascinato dall’arcano mondo dell’occulto».

Grazie ai suoi studi, un componimento inedito della Coffa ora è stato messo in mostra.

«C’è un documento interessante, un compendio curato personalmente dal dottor Filippo Pennavaria, medico ed amico di Mariannina Coffa, proveniente dal fondo librario custodito presso la biblioteca civica di Ragusa. All’interno dell’antologia poetica compare anche un componimento inedito, senza titolo né data, pubblicato dalla tipogra a ragusana Piccitto e Antoci, irreperibile nelle varie edizioni edite o nelle raccolte critiche conosciute, la cui paternità è ascrivibile alla Coffa, sicuramente composto nel periodo quaresimale o pasquale ed ispirato dall’incarnazione di Gesù Cristo e dalla sua salvifica venuta al mondo. La lirica dal verso possente e dall’elegante forma, fu composta nel periodo pasquale o quaresimale».

[Fonte Giornale di Sicilia]