Errori, sfide col passato ed obiettivi futuri. Parla il presidente provinciale del Pd, nonché capogruppo consiliare a Palazzo dell’Aquila, Mario D’Asta. Il prossimo biennio presenta una serie di appuntamenti ai quali il partito democratico ibleo rischia di presentarsi impreparato. Divisioni, mancanza di apertura con l’elettorato, assenza di autocritica potrebbero essere alcuni fattori determinanti. Ovviamente D’Asta è più cauto nei giudizi, non risparmiando comunque stoccate che potrebbero fare riflettere.
Il 2017 è l’anno delle sfide. “Dal punto di vista politico amministrativo – dice -, dopo le sconfitte di Vittoria e Scicli, c’è la possibilità di potere recuperare un gap che prima di essere elettorale è dato dalla distanza esistente tra la necessaria ambizione di rappresentare una comunità e la mancata attuazione nel farlo. Si andrà al voto a Pozzallo, a Santa Croce Camerina, a Chiaramonte, a Monterosso e a Giarratana. Il 2017 sarà anche l’anno del congresso, del dibattito, del ricambio dei quadri dirigenti a tutti i livelli. Sarà l’anno delle elezioni regionali”.
D’Asta parla con entusiasmo, eppure il partito si presenta in maniera spaccata. L’esponente dem parla di “dialettica interna” come di un “limite ma anche una grande forza del Pd”. E poi aggiunge: “Dialettica che a volte diventa strumentale per collocazioni interne e non per ragioni meramente politiche”. Come uscirne? “Ho un’ambizione. E cioè che il Pd torni a discutere e a confrontarsi, ma una volta assunta la posizione, che dovrebbe essere il frutto di una sintesi, dovrebbe avere la coerenza di portare esternamente e sui territori una voce all’unisono”.
Tante le questioni in sospeso, come i ricorsi contro l’elezione del segretario cittadino, Gianni Battaglia. “Quei ricorsi risultano ancora depositati in commissione, senza nessuna decisione finale. Almeno ad oggi. Il partito regionale ha deciso di non decidere commettendo un errore di cui poi si assumerà la responsabilità. Il Pd regionale ha deciso di non mettere mano nel caso Ragusa e ciò induce a confusione e ad incertezza anche nella azione politica. Ovviamente l’impegno consiste nel tentare di trovare noi una soluzione a livello territoriale, e il mio impegno va in questa direzione, diversamente si dovrà chiedere conto e ragione ai livelli sovraterritoriali”.
Altra storia, il tesseramento: “È in alto mare perché deve essere ancora chiuso l’anno 2015. Siamo nel 2017, le considerazioni sono retoriche. Circostanza che mette in evidenza, ancora una volta, la debolezza del partito stesso che spesso risulta essere lontano pure dagli iscritti e agli iscritti”. “L’auspicio è quello di ricomporre il quadro sia a livello cittadino che provinciale. L’occasione è buona dato che quest’anno avremo il congresso e potremo confrontarci all’interno di un percorso di rinnovamento dei quadri dirigenti sia a livello nazionale, che regionale e territoriale. Di certo ad oggi vi è un quadro dirigente che è ancora nelle mani di una classe politica che probabilmente spera di ingessare il partito; tanto più lo stesso non cambia e resta ancorato al vecchio, tanto più le nuove energie avranno difficoltà ad emergere Probabilmente l’immobilismo tattico è lo strumento adottato per non fornire opportunità di rinnovamento. Ci impegneremo per superare questa fase. La gente chiede cambiamento, rinnovamento e competenza. Questi gli ingredienti giusti per essere credibili”.
Stenta ad emergere un punto di riferimento. “Con una classe dirigente debole dentro il partito è chiaro, addirittura fisiologico, che i punti di riferimento diventino soprattutto i parlamentari e i rappresentati istituzionali”. Non fa i nomi, ma non può che riferirsi ai due deputati regionali Dipasquale e Digiacomo. Ed ancora, alla senatrice Padua, ai sindaci Pd (Spataro prima di tutto). “Ciò lo ritengo insufficiente – continua D’Asta – perché gli elettori, gli iscritti, i circoli, rappresentati nei gruppi dirigenti sia cittadini che provinciali, dovrebbero essere il termometro del territorio. Le ultime consultazioni non sono andate bene. Ripartire da una analisi seria sarà il presupposto per porre le basi ai fini di una discussione vera, per ritrovare una connessione sentimentale che in questo momento mi appare lenta”.
All’ipotesi di una sua “scalata” all’interno del partito, D’Asta replica: “Ritengo, come tanti altri, di essere una risorsa. Credo nelle idee e non solo nelle persone. Ho sempre pensato di fare parte di un progetto e non di essere il progetto. D’altro canto il fallimento di Piccitto e dei grillo boys consiste nel non avere avuto un progetto per Ragusa lasciando una città anonima, senza una prospettiva di crescita sociale, economica e culturale; una città sempre più povera, con tante tasse, che non ha saputo cogliere l’opportunità dei mega fondi delle royalties. Il Pd può diventare il pilastro di un grosso progetto civico dove tante donne e uomini possono ritrovarsi. Dipende dal senso di responsabilità di tutti noi. Siamo ancora in tempo per voltare pagina. Cominciamo a farlo sin da adesso, altrimenti sarà troppo tardi”.
Voltare pagina. Si potrebbe iniziare col gruppo consiliare al Comune ibleo, dove appare sempre più insanabile la frattura tra D’Asta e Chiavola e l’ex capogruppo Massari. “Gli errori in consiglio sono stati la mancanza di collegialità ed una autoreferenzialità che ci ha portato ad assumere scelte forti. Si è sofferta la mancanza di confronto, di condivisione su scelte importanti. Tutto ciò, unito anche allo scollamento di un partito diviso, ha portato all’avvicendamento del capogruppo che mi ha visto accettare un ruolo di responsabilità, di grande orgoglio, di oneri ed onori, ma che ha, chiaramente, avuto dei contraccolpi”.
D’Asta cita alcuni successi dei quali si sente fiero: “Abbiamo portato a casa numerosi risultati. E averli ottenuti dai banchi dell’opposizione non era per niente facile. Due su tutti: dall’odg per il sostegno alle famiglie in difficoltà al regolamento sul baratto amministrativo”.
Parlando delle dinamiche all’interno di Palazzo dell’Aquila, i voti di D’Asta e Chiavola hanno contribuito all’elezione del presidente Antonio Tringali e c’è chi ha visto in questo un inciucio coi Cinque stelle. Respinge ogni illazione D’Asta: “E’ stato forse l’unico, vero momento di democrazia reale che abbiamo vissuto in Aula, sapendo che, comunque, non avremmo raccolto le forze necessarie per fare il nome di un rappresentante della opposizione. Altro che inciucio. Con quella elezione abbiamo diviso la maggioranza in maniera definitiva ed è stato l’inizio della fine per Piccitto che non ha più avuto, de facto, la maggioranza in aula. E’ stato comunque un esercizio di stile democratico. Mi dispiace per chi, ancora a distanza di tempo, non l’abbia compreso. D’altro canto inciucio significa avere votato Tringali per chissà quale ritorno personale, privatistico o politico. Nessuno. Sfido pubblicamente chiunque a dimostrare il contrario. Questa storia dell’inciucio è servito a qualcuno per avere qualche momento di vana gloria, ovviamente senza contenuti e verità. Niente di più”.
La prossima mossa dei dem al Comune ragusano è la presentazione di una mozione di sfiducia al sindaco. “E’ il modo per capire chi vuole davvero porre fine, in maniera anticipata, a questa penosa esperienza dell’Amministrazione grillina. Anche in seno ai grillini ci sono parecchi mal di pancia. Ma il fatto che tra le opposizioni ci siano stati dei distinguo rispetto a questo nostro chiaro percorso che intendiamo portare avanti, la dice lunga su chi e come fa opposizione. Certo, per presentare la mozione di sfiducia ci vogliono 12 firme. Ma se non presenteremo la mozione di sfiducia, non sarà colpa del Pd e a quel punto ognuno si assumerà la responsabilità davanti a tutta la città”.