La reunion di tre generazioni di studenti del Liceo Carducci di Comiso

20

È nato per gioco qualche anno fa un gruppo su Fb che si chiama “Quei meravigliosi anni del liceo Carducci”.

Progressivamente il numero dei membri è aumentato fino ad includere ex alunni che si sono diplomati nel 1975. Tra un post e l’altro, tra vecchi compagni di classe ritrovati, è nata l’idea di incontrarsi non più virtualmente, ma “de visu”.

Così, alcuni mesi fa è incominciata l’organizzazione di quella che sarebbe stata la reunion storica dei liceali di almeno 3 generazioni.

Qualche sera fa l’incontro al Castello di Donnafugata. 50 amici, più che compagni di liceo, si sono ritrovati a cena e alcuni si sono rivisti dopo 40 anni. Sparsi in Italia o nella stessa Sicilia, l’appuntamento è avvenuto nei primi giorni di agosto per dare l’opportunità di partecipare a chi rientrata da fuori per trascorrere le ferie. Una serata all’impronta dell’emozione e della commozione nel potere riabbracciare quelle persone con le quali sono state condivise le “vastasate” liceali, come le ha definite qualcuno.

Ricordi di momenti belli e altri meno, aneddoti legati a professori e interrogazioni, pathos rivissuto per gli esami di maturità. Tutto come se fosse accaduto ieri e gli anni non fossero passati.

Naturalmente non sono mancati i commenti della serata: “Emozioni ad iosa”, “Semplicità e amicizia”, “40 anni di vita in una foto”, frase quest’ultima che ha chiosato l’immancabile foto ricordo di gruppo.

Ma tra tutti, il commento che ha suscitato le emozioni più forti, è stato quello pubblicato sul gruppo su Fb, da un ex studente : “Eravamo in 50 ieri sera, 50 anime belle che, come recita il poeta non hanno altro merito che quello di esistere, 50 nomi su una lista incerta, abrasa e più volte manomessa, sorta di Schindler’s List con cui la fermezza e la costanza delle donne – queste donne che ci salvano sempre dall’abisso – ci hanno strappato dall’oblio. Eravamo in 50 e confesso di fare fatica a levarmi di dosso la strana sensazione che in quel cortile fossimo di più, quasi moltiplicati, e non solo dalla magia talora passiva, talora generativa degli specchi con cui ciascuno di noi guarda e riflette l’altro, ma anche dalla vocale “E” opportunamente rovesciata – perché la disposizione a “U” non avrebbe potuto contenere tanta esuberanza, né le mura del cortile tanto amore. La “E” disegnata dai tavoli del patio sui quali ci siamo adagiati per altro pane e altro vino, la “E”, sorta di connettore logico di appartenenza o di porta ianua mitologica tra un passato ed un futuro lunghi quarant’anni che, facendosi beffa della nostra distrazione, ci gettò senza sforzo alcuno negli anni in cui le nostre tenere vite facevano ancora il gesto dell’ombrello alla morte. E per poche ore – le fiabe, è risaputo, sono impietose quanto ad imporre scadenze allo scoccare della mezzanotte – gli amici purtroppo assenti ma sempre vivi nel cuore dei presenti poterono giocare e insieme a noi, scherzare, folleggiare, canzonare, ridere e piangere fino alle lacrime, ubriacarsi di amicizia, riempire lo scenario e saturarlo di aneddoti improbabili e di storielle inverosimili dall’incredibile bellezza, tutti volti a creare e ricreare quel mito dal vago sapore di eternità, identico e mai uguale a se stesso, delle terze carducciane. Ad sidera, semper”.