Il sagrato della Cattedrale di San Giovanni ha ospitato la serata del Festival delle Relazioni dedicata ai linguaggi dell’anima. Protagonisti assoluti, l’attore e regista Moni Ovadia e, a seguire, il musicista Francesco Cafiso ed il pittore Giovanni Robustelli.
A presentare la serata è stata la collega giornalista Giada Drocker.
“Stranieri e viandanti nel mondo e nel mondo interiore” il tema affidato a Moni Ovadia. L’artista, da par suo, ha incantato la piazza con una lunga riflessione sull’etica dello straniero. Sulla necessità di riconoscere eguale dignità e diritti ad ogni uomo.
“Il razzista – spiega con logica ironia – è un coglione che viaggia con un ritardo di almeno 40 mila anni. Il colore della pelle e le altre caratteristiche fisiche dipendono solo dall’adattamento al clima. Noi abbiamo una comune matrice umana che è facile riconoscere. Ci sono differenze accessorie, ma la sostanza umana è unica. L’etica dello straniero è fondante rispetto alla nostra civiltà occidentale. Nel caso del monoteismo è lo straniero che fonda l’identità. Non a caso il comune patriarca Abramo riceve dalla voce di Dio il comando: vai verso te stesso, vattene dalla tua terra, dalla casa di tuo padre, dal tuo parentado. Questo vuol dire che l’inizio del cammino monoteista è nel farsi stranieri. Se vogliamo essere degni della civiltà che dichiariamo dobbiamo prendere in mano l’etica e la prospettiva dello straniero.
Tutti gli uomini nascono pari in dignità e diritti. Ed è proprio la questione della dignità da portare al centro per riconoscere l’etica del viandante”. Ovadia ricorda il destino comune dei tanti migranti. Sottolinea come gli stranieri abbiano contribuito a rendere ricca e prospera l’America. “La maggior parte degli emigrati – spiega – ha edificato la propria vita in Paesi lontani, ma ha dato a questi paesi un contributo di sviluppo enorme”.
“La memoria – aggiunge – è un progetto per il futuro, non è volgersi nostalgicamente al passato. Il passato si onora solo se edifichiamo un futuro fondato su quei principi calpestati e denigrati per i quali innocenti sono caduti e uomini giusti hanno combattuto e sono morti. Purtroppo in questa nostra Europa ci sono segnali di pesanti regressioni”.
Alla musica di Francesco Cafiso e al talento pittorico di Giovanni Robustelli è stato affidato il compito di narrare su vie sonore e cromatiche il senso del dialogo. La performance di Cafiso, impegnato al pianoforte e al sassofono, guida e trae ispirazione dall’esecuzione dal vivo di un’opera pittorica su tela affidata a Robustelli. L’artista dei colori sembra danzare nella contemplazione del lavoro e nel gesto creativo. E questo divenire diventa motivo di ulteriore ispirazione per il musicista.
Un dialogo tra due amici, due talenti immensi nati in questo territorio e che a questo territorio donano molto.
“Ringraziamo gli artisti che hanno dato lustro al Festival delle Relazioni – sottolinea Tonino Solarino, presidente della Fondazione San Giovanni Battista – ma vogliamo ringraziare le autorità civili, la Prefettura, la Questura e quanti quotidianamente lavorano per rendere Ragusa non una somma di singoli ma una comunità vera”.
Le attività del Festival delle Relazioni proseguiranno il 20 e il 21 giugno, sempre alle ore 18, con la Giornata del rifugiato che si svolgerà rispettivamente al Centro Polifunzionale di Viale Colajanni a Ragusa e presso il Centro Gerico di Vittoria.
Fino al 19 giugno, infine, sarà possibile visitare presso Palazzo Garofalo la mostra delle opere create dagli ospiti dei centri Sprar e la Stanza della Meditazione, realizzazione multimediale a cura di Giampiero Carta.
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