Aboud Hajjar e sua moglie Soha vengono dalla Siria. Tengono tra le braccia il loro bambino Angelo che ha poco più di un anno.
La loro storia ha commosso il mondo quando il 21 giugno del 2014 un colpo di mortaio distrusse la loro casa uccidendo i due figli di 10 e 3 anni, mentre giocavano sul balcone. Un dolore immenso, lancinante che ha lasciato spazio però alla fede in Dio.
Un dolore che ha fatto piangere e pregare in tante parti del mondo. Ma Soha non sapeva ancora di avere ricevuto un grande dono: aspettava un altro bambino, Angelo, il piccolo che oggi stringe tra le sue braccia materne e che oggi pomeriggio sarà battezzato da don Corrado Lorefice alle 19 nel Duomo di San Pietro. Una cerimonia che rappresenta una grande festa per tutta la comunità modicana e soprattutto quella di San Pietro, che fin dall’inizio è stata vicino ad Aboud e Soha con la preghiera.
Insieme a loro dalla Siria sono arrivate anche due laiche consacrate del Movimento del Focolari. Una è Lina Morcos, di origini giordane, li accompagna e traduce per loro questa toccante storia.
Lei ha conosciuto Don Corrado Lorefice quando studiava teologia a Catania. Dopo la sua partenza per la Siria sono rimasti vivi i contatti e quando Lina ha conosciuto Aboud e Soha, che avevano appena perso i loro due unici figli nel terribile bombardamento, ha raccontato a don Corrado questa drammatica storia e lui aveva scritto una lettera e chiesto a tutta la comunità di San Pietro di pregare per loro.
Quando poi Soha ha scoperto di aspettare un altro bambino, cosa che ancora non sapeva durante il lutto, la sorpresa è stata grande.
E durante il suo viaggio in Siria, a febbraio dello scorso anno, don Corrado ha voluto fare visita alla coppia, nonostante proprio in quei giorni imperversassero cruenti bombardamenti.
“Siamo rimasti molto sorpresi – racconta Aboud – quando abbiamo scoperto che un sacerdote italiano, a cui era stata raccontata la nostra storia, ci volesse venire a trovare, rischiando la sua stessa vita”.
“Una visita toccante e importante per noi in quei giorni così pericolosi”, ricorda Soha, ai tempi incinta al settimo mese: “Don Corrado mi disse che quando sarebbe nato il bambino lo avrebbe voluto battezzare lui. O in Italia o in Siria. E così è stato”.
Il piccolo Angelo porta un nome speciale, un acronimo dei nomi dei due fratelli Anton e Maichel, il cui suono in arabo messi insieme diventa Angelo.
E Angelo è anche il nome dell’uomo che in questi giorni li ospita a Modica nella sua casa, senza averli mai incontrati prima. Angelo Gintoli, ispettore di Polizia e sua moglie Mariagrazia Assenza, con grande umanità e soprattutto cuore aiutano spesso chi ha bisogno di aiuto, come in questo caso.
E proprio lui oggi sarà il padrino del piccolo Angelo che ha compiuto un anno il 31 marzo scorso, mentre la madrina sarà Lina Morcos, che fin dal primo momento gli è stata vicina e il giorno che è andata a trovare Soha, quando i bambini erano appena scomparsi, lei si adoperò per far esaudire il desiderio dei bambini così come racconta Amoud: “Mio figlio Anton, che avrebbe compiuto 11 anni due giorni dopo che fu ucciso, mi diceva sempre che avrebbe voluto andare in Terra Santa a Gerusalemme ma i siriani non posso andarci. Lina ha chiesto al Movimento dei Focolari in Terra Santa di celebrare una messa per loro. E così hanno fatto, nella grotta della natività di Gesù con le foto dei miei bambini”, ricorda commosso.
Anton e Maichel sono morti in un pomeriggio di giugno vicino a Damasco, dove vivevano. Una giornata come tante, una festa di matrimonio dove dover andare a festeggiare alla sera. Aboud era al lavoro, fa il parrucchiere. Soha era a casa con i due figli. Lei non ci voleva andare, aveva paura a uscire con i bambini, c’erano molti colpi di mortaio.
Ma il figlio più grande aveva insistito per partecipare. “Non avere paura mamma – mi aveva detto- Se Dio vuole si vive. Non dobbiamo avere timore”. Soha per accontentare il figlio era andata dal marito per farsi acconciare i capelli per la festa mentre il bambino restava a casa con il fratellino di tre anni e mezzo e un’amica che abita al terzo piano dello stesso palazzo. Loro al quinto. Ma a un certo punto, la vicina di casa racconterà poi a Soha, Anton manda via la ragazzina e senza saperlo le salva la vita. Lei infatti, ricevette solo una scheggia in un braccio. Anton e Michail invece sono rimasti sul quel balcone sotto le macerie per un colpo di mortaio, che non lascia possibilità.
Lei tornando dal negozio del marito sentì il boato, era a pochi passi da casa, una sensazione di gelo e di tragedia le corse nel sangue. Poi la vista del sangue, le macerie, la speranza, la morte.
Soha racconta tutto questo con la pacatezza che solo una grande consolazione, per lei nella fede e nella preghiera degli altri, ha saputo trovare: “Abbiamo trovato sul balcone sotto le macerie, giorni dopo, un mio vangelo che non ricordavo nemmeno più di possedere, che i bambini forse stavano leggendo, aperto nella pagina dove Gesù chiama i Discepoli”.