Dopo oltre un mese d’incessanti ricerche è stata rinvenuta quella che probabilmente è stata l’arma utilizzata per commettere l’omicidio di Giuseppe Dezio, l’agricoltore ucciso a Vittoria il 2 febbraio scorso, con una micidiale coltellata sferratagli alla gola nel corso di una lite in campagna, scoppiata per futili motivi legati al passaggio lungo una strada interpoderale.
Come si ricorderà i presunti autori di tale atroce delitto vennero, in poche ore, individuati dai Carabinieri, che arrestarono Gaetano Pepi e i suo tre figli Alessandro, Marco e Antonino, ritenuti gli autori materiali del grave fatto di sangue, per aver ucciso il Dezio usando un coltello, con il quale lo avevano colpito alla gola, recidendogli l’arteria giugulare, tanto da provocarne l’immediata morte per dissanguamento. Infatti la povera vittima, all’arrivo dei Carabinieri sul luogo del delitto, venne trovata in un lago di sangue e i militari non poterono far altro che chiamare i sanitari che ne constatarono il decesso.
L’unico punto oscuro dell’intera vicenda era quindi rimasta l’arma del delitto, che non era stata ancora ritrovata, nonostante le ricerche fatte nell’immediatezza. Da allora però tali ricerche non sono mai state interrotte, e i militari del Nucleo Investigativo di Ragusa e della Compagnia di Vittoria, hanno sempre continuato a cercarla nello sterminato mare di serre che circonda le campagne luogo del delitto.
Dopo oltre un mese, finalmente, tali ricerche davano esito positivo, poiché in una serra, sita non troppo distante dal luogo dei fatti, sepolto nel terreno, veniva trovato un coltello con una grossa lama di circa 30 cm, con ancora tracce di sangue, del tutto compatibile con la tipologia di ferite riscontrate sul corpo del vittima in sede di autopsia, che veniva immediatamente sequestrato da personale della Sezione Investigazioni Scientifiche, per essere trasmesso al Ris Carabinieri di Messina, dove già si trovano gli altri a reperti relativi all’omicidio, per essere sottoposto alle analisi di laboratorio, che dovranno accertare se le tracce di sangue presenti sulla lama appartengono alla vittima.
Al momento del rinvenimento il coltello si presentava ben conficcato nel terreno, in una grande serra coltivata a pomodori, sita nella proprietà della famiglia Pepi, dove verosimilmente era stato occultato subito dopo l’omicidio dagli autori, sicuramente al fine di ostacolare le indagini. Per i Carabinieri è stato quindi necessario scavare tra i numerosi filari di pomodoro della serra, perlustrando il terreno palmo a palmo, anche perché, in base alle indagini, vi era la convinzione che l’arma del delitto non poteva trovarsi a grande distanza dal luogo ove lo stesso era stato compiuto, visto che i Pepi erano stati fermati sul luogo del reato e, prima dell’immediato arrivo dei Carabinieri, non avevano avuto molto tempo a disposizione per allontanarsi e nascondere il coltello in questione, con cui avevano compiuto l’omicidio. o ignored
I componenti della famiglia Pepi, ossia padre e tre figli, dal giorno stesso dell’omicidio, si trovano ancora reclusi nella casa circondariale di Ragusa, con la grave accusa di omicidio volontario in concorso e, dopo che tutti e quattro si sono visti rigettare anche il ricorso che avevano presentato presso il Tribunale del Riesame di Catania, per loro vi è la concreta possibilità che dovranno restare in carcere almeno fino all’esito del processo di primo grado, nel corso del quale, vista la gravità della accuse a loro carico, rischiano una condanna a un lungo periodo di detenzione.