L’ultimo libro che stava leggendo era “Non si finisce mai di impanare” di Gianluca Biscalchin e Stefano Piazza. Sabato sera lo ha posato sul comodino con la sua penna a mo’ di segnalibro, sulla pagina con la citazione di George Bernard Shaw: “Non c’è amore più sincero di quello per il cibo”.
Questo era Franco Ruta: un uomo che pensava di non poter finire mai di imparare, con nel cuore una grande storia d’amore sincero. Per il cioccolato e per Modica, la sua città che ieri si è svegliata nell’incredulità di apprendere che tra il gesto di riporre quel libro sul comodino per andare a dormire e l’arrivo del giorno, Franco se n’è andato.
Con un volo sulle casette di Cartellone, è salito a raggiungere la schiera dei suoi “guardiani di nuvole” – così li ha chiamati Franco Antonio Belgiorno, suo amico fraterno, in uno degli ultimi libri che proprio Ruta ha pubblicato come editore. Un infarto, dopo una settimana di viaggi tra Milano e Roma, con in borsa le sue barrette, le sue ‘mpanatigghie e lo scrigno di mille favole.
La storia del cioccolato di Modica no, non l’ha inventata lui. Ma ha avuto il merito di una grande testardaggine: riscoprirla, riportarla al presente, darle una vera dimensione culturale, crearle attorno una prospettiva commerciale.
Faceva altro a quel tempo, era nato come fotoreporter con la passione del giornalismo, aveva fondato qualche radio e lavorava come tecnico di laboratorio in Ospedale. Ma nel 1992 decise di lasciare tutto per l’Antica Dolceria Bonajuto: non per salvare un pezzo della storia della sua famiglia, raccogliendo l’eredità di Francesco Bonajuto e poi di sua madre e suo padre Carmelo, ma per salvare un pezzo della storia di Modica. Un restyling di quello che fino a quel momento si era chiamato Caffè Roma, un grande lavoro di ricerca sul cioccolato artigianale e via: da quegli anni iniziò una nuova epoca, quella che oggi quasi coincide con l’immagine della città nel mondo, dove l’equivalenza tra Modica e il cioccolato è andata correndo e si è consolidata.
“E adesso, che si fa?”. Al fatto di proseguire questa strada senza di lui non era pronto nessuno, non di certo suo figlio Pierpaolo che ormai da tempo ha nei fatti preso le redini dell’azienda, non sua moglie né sua figlia Daniela, non coloro che sono cresciuti al suo fianco considerandolo un esempio e un maestro.
Già alle prime luci dell’alba, ieri, c’era chi si industriava ad attaccare dei piccoli cartelli che sin dalla porta dell’Antica Dolceria Bonajuto e all’ingresso della Salita dei barbieri, marcavano il percorso verso quel quartiere, verso la sua casa: sopra, solo una freccia accanto al nome “Franco”, come a dire che la città tutta non aveva bisogno di altri annunci per avviarsi sulle scale e andare a salutarlo, stupiti di non poter più ascoltare i suoi racconti, seduti sulla panchina nel vincolo della dolceria, tra le sue ultime scoperte d’archivio e soprattutto i progetti per il futuro. Il futuro, ecco. Un tempo verbale che nel vocabolario di Franco vinceva sempre sul passato: la storia, non c’era dubbio, bisognava conoscerla per bene, ma mai senza lo scopo prevalente di darne una lettura nuova, custodirne la traccia dentro uno sguardo lungimirante. La curiosità e la capacità di visione erano ciò che faceva di lui non solo un fantasioso imprenditore, ma innanzitutto un uomo libero. E, per chi ha avuto il privilegio di averlo come amico, un pilastro solido, vero e generoso.
Dal patron di Eurochocolate Eugenio Guarducci a Giovanni Caccamo, alla famiglia Ruta è arrivato il cordoglio e l’abbraccio di tutti. I funerali di Franco si svolgeranno martedì mattina alle 10.30 nella chiesa madre di San Pietro.
[Fonte La Sicilia]