Arancino o arancina? Arriva la ‘sentenza’ della Crusca: il ‘giudice’ è una prof. di Chiaramonte

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Aarancino o arancina? La contesa è chiusa

Si dice arancino o arancina? È corretto in entrambi i modi.

L’Accademia della Crusca ha espresso il sommo parere, linguisti e non hanno finalmente un riferimento per prendere parte all’annosa questione che da secoli divide il territorio siciliano.

In primis l’area di Palermo contro quella di Catania, con alcune eccezioni geografiche come il ragusano e siracusano. La notizia ha fatto il giro del mondo in tempi rapidissimi, riscuotendo un numero di click esorbitante, in tantissimi hanno detto la loro, in linea o meno con la “bibbia” della lingua italiana. Molti, a conti fatti, sono rimasti delusi dalla doppia possibilità, femminile e maschile, certificata dall’Accademia della Crusca.

I più agguerriti, assetati di rappresentare la verità, non si sono accontentati. Noi ci siamo chiesti chi ci fosse dietro al pesante responso che ha suscitato e continuerà a suscitare grande clamore. La risposta? Si chiama Stefania Iannizzotto. È di origini chiaramontane, trapiantata in Toscana. Una persona solare, vulcanica, appassionata come pochi di linguistica, approdata all’Accademia della Crusca nel 2010 grazie a un assegno di ricerca e, da poche settimane, professoressa di italiano, storia e geografia a Sesto Fiorentino.

Era destino, questo quesito mi ha accompagnata praticamente da sempre, vuoi per le mie origini, per il mio essere ragusana che ha studiato e lavorato a Catania, vuoi per le tantissime richieste che sono arrivate in Crusca e che attendevano una risposta. Con un po’ di titubanza iniziale, non ho potuto non affrontare la questione che divide la mia terra come un derby calcistico, mettendo a frutto tutte le notizie che nel corso degli anni avevo raccolto. Per cui ho consultato migliaia di pagine, tra i vocabolari storici e vocabolari dialettali, ma anche testi specifici sulla gastronomia regionale, sui costumi ed i festini siciliani. Ho affrontato l’argomento col massimo distacco professionale ma anche con molto cuore, temendo perfino di venire bandita da una parte o l’altra della mia Isola!”. 

In sostanza, dopo un’accurata ricognizione storica nella lingua siciliana e del siciliano italianizzato, Stefania sentenzia: “Ai nostri amici possiamo rispondere che il nome delle crocchette siciliane ha sia la forma femminile sia la forma maschile, determinata dall’uso diatopicamente differenziato”. Ovvero, le zone nelle quali si chiama arancino sono quelle in cui “al dialettale aranciu per ‘arancia’ corrispondono il diminutivo arancinu per ‘piccola arancia’, arancino nell’italiano regionale: da qui il nome maschile usato per indicare il supplì di riso”.

La forma femminile coesiste perché, si legge nella scheda esitata da Stefania: “le indicazioni del genere del nome che indica il frutto dell’arancio sono oscillanti: le due varianti arancio e arancia coesistono. Il femminile è percepito come più corretto – almeno nell’impiego formale – perché l’opposizione di genere è tipica nella nostra lingua, con rare eccezioni, per differenziare l’albero dal frutto. Si può ipotizzare quindi che il prestigio del codice linguistico standard, verso cui sono sempre state più ricettive le aree urbane, abbia portato la forma femminile arancia a prevalere su quella maschile arancio nell’uso dei parlanti palermitani: essi, avendo adottato la forma femminile per il frutto, l’hanno di conseguenza usata nella forma alterata anche per indicare la crocchetta di riso: dunque, arancina. Per la zona ragusana e siracusana potrebbe invece aver influito il fatto che la forma dialettale più diffusa per indicare il frutto non è aranciu ma partuallu/partwallu (cfr. AIS, carta 1272): la radicale diversità dell’esito locale può aver fatto sì che quando si è assunto il termine italiano per indicare il frutto lo si sia fatto nella forma codificata arancia, da cui arancina”.

Eccola qua la spiegazione, che certamente non risolverà le dispute linguistiche in Sicilia. “Si chiude un caso che, dopo l’uscita del romanzo di Andrea Camilleri ‘Gli arancini di Montalbano’, ha valicato i confini regionali – ha affermato sorridendo Stefania – pensa che poco distante da me si sono aperte due friggitorie, una (credo messinese) che usa il termine arancino, l’altra (modicana) arancina!”

L’Accademia della Crusca ha comunque svolto il suo dovere. “Arrivavano tantissime richieste alla settimana – ha raccontato – in maggioranza dalla Sicilia e in particolare da Palermo, ma anche da Roma, Rieti, Firenze, Bologna”.

Il prossimo quesito al quale lavorerai? “Al momento saranno quelli dei miei alunni di scuola media. Dal 7 gennaio sono stata catapultata in questa nuova avventura, elettrizzante e terrificante allo stesso tempo. L’istituto nel quale insegno è a pochi passi dalla sede dell’Accademia. Non potevo rinunciare: se non è questo un segno!”.