Una famosa locuzione latina recita: “Nemo propheta in patria”. Ma per fortuna, poi, ci sono persone che riescono a fare la differenza e a rappresentare l’eccezione. Un teatro comunale gremito in ogni ordine e grado ha voluto stringere in un abbraccio simbolico, ieri pomeriggio, Don Beniamino Sacco, suo illustre concittadino insignito dell’onorificenza “Vittoria Insigne” dal comune di Vittoria per l’impegno che da anni, con coraggio e impegno, porta avanti, in città e ovunque venga richiesto, nell’ottica dell’ospitalità e dell’accoglienza
La cerimonia ha visto la presenza di tutte le autorità istituzionali, militari e religiose e ha rappresentato un importante momento di riflessione alla luce dei recenti e tragici avvenimenti che hanno scosso la vita e le coscienze di tutti gli europei.
Nel corso della serata è stato anche presentato il libro che Don Valentino Savoldi ha voluto dedicare al sacerdote della parrocchia dello Spirito Santo, dal titolo “Migranti: la pedagogia dell’accoglienza”. “Don Beniamino Sacco è un esempio di accoglienza di un’Italia cristiana e viva. Oggi il nodo più difficile da affrontare riguarda l’equilibrio tra l’imperativo morale di salvare le persone che rischiano la propria vita in mare e il non rendersi complici di una catena di sistemi malavitosi – si legge nella prefazione a firma di Natale Forlani, direttore generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del Lavoro – e per quanto riguarda i migranti presenti da decenni, è opportuno fare una riflessione sul fallimento dei principali modelli di integrazione posti in essere nei principali paesi europei”.
Felice e palesemente emozionato, davanti a quelli che chiama “i miei ragazzi”, che sono giunti a Vittoria da ogni angolo disperato del mondo e che ieri erano al “Vittoria Colonna” per applaudirlo, ha detto di voler dedicare questo importante riconoscimento a tutti i suoi specialissimi parrocchiani, gente semplice che da 25 anni ha scelto di seguirlo e di mettersi a disposizione nell’aiuto verso il prossimo, di qualunque colore sia la sua pelle. “Questo riconoscimento sa di attenzione” ha dichiarato. “Una città disattenta non sa capire né valutare le cose; una attenta, invece, non solo vede il male, ma riesce anche a far emergere quel po’ di bene che è sempre possibile trovare. Abbiamo accolto e dato da mangiare a circa 20mila persone e tutto questo solo grazie ai miei parrocchiani, che non si sono tirati indietro e che sono i primi a sbracciarsi e lavorare, ad uscire per far posto agli altri. Ci sono sensibilità anche dove sembrerebbe impensabile e, per questo, ha ragione il Papa quando dice: “Scopriamo le periferie”.
Tra le circa 20 mila persone accolte dalla comunità di Don Beniamino Sacco, la maggior parte ha poi proseguito il suo cammino di vita altrove, ma molti altri sono rimasti qui. Tra questi ci sono un cinese che vive e lavora a Vittoria da 12 anni, un nigeriano, un bengalese, due egiziani e un marocchino. “Lavoriamo insieme – racconta Don Beniamino – perché hanno percepito che non ci siamo prima loro e poi noi, ma solo noi. Scrivere la storia senza gli altri che senso ha? Tante volte prendo parte ad incontri sull’immigrazione senza un immigrato, ma non esistono persone che non possano dare un contributo di idee e di esperienza. Il nocciolo della questione è tutto qui: la storia si scrive insieme, solo così finiremo di vedere nello straniero una persona arrivata per disturbare, se non addirittura un terrorista”.
Il terrorismo, appunto. Impossibile non fare almeno un riferimento.
“E’ difficile, da parte dei ragazzi, esprimere idee su un simile dramma – spiega padre Beniamino – sebbene non condividano affatto l’estremismo di certe ideologie. Piano piano, però, stiamo creando i presupposti per un dialogo con un mondo, quello musulmano, che è disponibile al confronto. Non è la guerra che risolve i problemi, non sarà mai con i cacciabombardieri, che sganciano bombe e ammazzano la gente senza fare distinzione tra buoni e cattivi, che il problema potrà essere risolto”.