C’era pure un 38enne tunisino sospettato di essere vicino al terrorismo islamico nel gruppo dedito allo spaccio della hascisc, gruppo che è stato smantellato dalla Guardia di Finanza del Comando provinciale di Ragusa. Nel corso delle indagini, durate circa un anno, le fiamme gialle hanno trovato addosso all’uomo un fogliettino con un frase: “In nome di Allah… vi è stato ordinato di combattere, anche se non lo gradite”. Già in luglio, per lui, era scattata l’espulsione su decisione del Ministero dell’Interno.
Proprio lui, però, sarebbe stato elemento di collegamento con ambienti di elevata caratura criminale, tra il Catanese e il Palermitano, anche se il vertice della consorteria sgominata dai finanzieri era un algerino di 43 anni. Un uomo che da tempo gestiva un ampio spaccio di droga nel Vittoriese, e che finalmente la Guardia di Finanza è riuscita ad incastrare nell’operazione “Fumo dai fori”.
Questa mattina i dettagli dell’operazione, condotta fino alle prima luci dell’alba, sono stati illustrati dal procuratore capo Carmelo Petralia, dal colonnello Claudio Solombrino e dal maggiore Sergio Serra.
Il procuratore ha espresso soddisfazione per il lavoro del sostituto, il Pm Gaetano Scollo, che ha coordinato l’inchiesta grazie alla quale il Gip Claudio Maggioni ha emesso sei misure di ordinanza cautelari. Un plauso alle Fiamme gialle che hanno permesso di portare a termine questa operazione per stroncare un giro di droga che interessava soprattutto tanti giovani, una buona parte minorenni. Ragazzi della Vittoria bene, anche se le piazze dello spaccio erano anche a Comiso, Acate e Santa Croce.
Proprio su questo aspetto ha puntato la propria attenzione il colonnello Solombrino, il quale ha spiegato come la grande preoccupazione era legata proprio alle conseguenze sugli assuntori, sempre più giovani. Ingenti somme di denaro che vanno in fumo, è il caso di dirlo, ma che rappresentano un guadagno che la malavita spende poi per altre attività illecite.
“Parliamo di un chilo di hascisc a settimana – ha detto Solombrino -, e considerata che va venduta al grammo, si può facilmente intuire come il giro fosse di svariate centinaia di migliaia di euro. Se li aggiungiamo all’alcol, facilmente intuiamo le cause del triste bollettino delle stragi del sabato sera“.
Un’indagine che non era per nulla facile. I sei arrestati, insieme ad altre persone indagate a piede libero, erano quasi tutti stranieri. Algerini e tunisini che lavoravano bene tra loto, parlavano ovviamente in arabo, ma usavano anche espressioni dialettali. Per questo c’è voluto l’intervento di più di un interprete per tradurre quello che dicevano.
C’era solo un italiano, un vittoriese, che aveva il ruolo di tuttofare a servizio del ‘capo’. Era lui che si occupava di individuare gli acquirenti, poi chiamava il suo ‘superiore’ e questi forniva la droga. Ma coi suoi tempi, perchè l’algerino a volte faceva aspettare l’acquirente, decidendo quando fornire la droga. L’ennesima dimostrazione del ruolo assunto da lui e dal suo gruppo.
Come a ‘truvatura’ di una volta, quando – si racconta – soprattutto i contadini nascondevano tra le pietre dei muri a secco i loro averi, anche in questo caso la droga, il nuovo oro sonante, veniva nascosta in intercapedini e anfratti di case diroccate. Per questo è stata denominata ‘Fumo dai fori’.