A don Corrado la questione di certo non sarà nemmeno passata per la mente. In quell’istante, mentre riceveva la notizia della decisione del Papa, il suo unico pensiero è stato quello di alzare lo sguardo verso il crocifisso. E chi lo conosce bene, sa che quella era l’unica cosa che davvero contava per il parroco di San Pietro, che nei suoi 27 anni di ministero sacerdotale ha avuto come riferimento Gesù morto e risorto.
Ha rivelato lo stesso don Corrado Lorefice che pensava addirittura ci fosse stato un errore: lo sbigottimento, il senso di trepidazione, qualche umano timore. Palermo è diocesi che ha quasi un milione di abitanti, 478 sacerdoti, 304 religiosi, 940 religiose. E ancora 41 diaconi permanenti, 178 parrocchie. Sede antichissima, la diocesi fu eretta nel primo secolo. Su quella Cattedra sedette anche un santo, San Mamiliano. In quella Chiesa servì il popolo di Dio il beato Pino Puglisi. Palermo bella, straordinariamente carica di storia e di umanità, ma è anche città difficile, dove la povertà è compagna quotidiana di quanti, come la Chiesa, vogliono essere a fianco dell’uomo di oggi. Una città in cui la mafia ammazza anche i preti che non si fanno gli ‘affari loro’.
Nella mente e nel cuore di don Corrado saranno stati tanti i pensieri, le preoccupazioni, le gioie. Ma il problema sul colore di zucchetto e mozzetta (il copricapo e la mantellina che portano i presuli) non gli avrà di certo sfiorato la mente.
Ieri, dopo la nomina, ha messo al collo (gliel’ha porta il suo vescovo, con un bel gesto) solo la croce pettorale, che non luccica perché non è d’oro.
Tanti vescovi eletti mettono già lo zucchetto paonazzo. Don Corrado no, non ne aveva uno o non l’ha voluto, questo poco importa.
Quando inizierà il suo ministero, comunque, il colore di fascia, zucchetto e mozzetta sarà paonazzo: quello dei vescovi. E quello rosso? La berretta cardinalizia?
Palermo è sede cardinalizia storica. Questo farebbe pensare a una elevazione al cardinalato automatica per don Corrado. Ma così non è. A Palermo, a memoria, da Ruffini, a Pappalardo fino a Romeo, tutti gli arcivescovi sono stati ‘inseriti’ nel Sacro Collegio. La scelta, però, rimane del Papa. Nella storia vescovi come l’amatissimo Serafino Filangeri, nel ‘700, la berretta non la ottenne.
Lo stesso cardinale Romeo dovette attendere, Benedetto XVI non lo inserì tra i porporati nel primo concistoro dopo la sua elezione ad arcivescovo di Palermo.
Per non parlare di altre storiche diocesi sedi cardinalizie come Torino: monsignor Cesare Nosiglia, vescovo del capoluogo piemontese dal 2010, la berretta non ce l’ha.
Che la scelta sia un atto strettamente connesso alla volontà del Papa, lo dimostra l’elevazione a cardinale di Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento. Per quella sede la porpora non è ‘prevista’, ma Papa Francesco ha voluto assegnarla proprio a don Franco Montenegro, da sempre vicino ai poveri e ai migranti.
La porpora a don Corrado sarebbe la seconda in Sicilia. Impossibile? Assolutamente no. In ogni caso si dovrà attendere l’annuncio del prossimo concistoro per la creazione di nuovi cardinali.