“Contro la cultura dello scarto: le marginalità sociali nella diocesi di Ragusa”. E’ il titolo della ricerca che la diocesi iblea ha commissionato al Censis. L’idea è quella di avere una base di dati certi, scientifici, per potere meglio indirizzare il lavoro di parrocchie, Caritas, centri d’ascolto, gruppi laicali.
Ieri sera, alla scuola regionale dello Sport, i dati venuti fuori dall’indagine sono stati presentati dalla curatrice, Elisa Manna.
Ad introdurre la presentazione un video, che ha racchiuso in pochi minuti e in modo efficace i contenuti della ricerca.
Poi gli interventi di Domenico Leggio, direttore della Caritas diocesana, e del vescovo, Paolo Urso. “Come Chiesa – ha detto il presule – che cosa vogliamo? E’ questa la domanda che ci poniamo qui stasera. I cristiani, come ci ricorda il Concilio, non possono desiderare altro che servire gli uomini del mondo contemporaneo. Vogliamo servire l’uomo di oggi, servirlo con generosità e coraggio. Auguri a tutti noi che intraprendiamo questo cammino”.
E’ stata poi la ricercatrice a illustrare i risultati del lavoro che ha preso le mosse da quanto Papa Francesco dice in merito al lavoro della Chiesa, che deve cioè raggiungere le ‘periferie esistenziali’, con un netto rifiuto della cultura dello scarto.
Dopo un’analisi sugli andamenti demografici, la ricerca punta l’attenzione su aspetti fondamentali quali la famiglia e il lavoro, soprattutto giovanile.
“La famiglia regge, ma si sta dirigendo gradatamente verso un’omologazione ai trend demografici nazionali”. Questo vuol dire sempre più “famiglie unipersonali, coppie senza figli e famiglie monogenitoriali”. I divorzi sono aumentati, in 10 anni, di quasi il 100 per cento.
Pesante la situazione del lavoro e dell’aumento della disoccupazione.
“Nel corso di 10 anni (2004-2014) si registra una variazione percentuale di segno negativo pari al 13,6%, superiore a quella complessiva dell’intero Mezzogiorno d’Italia pari all’8,9%. Rispetto alle altre province siciliane Ragusa evidenzia il decremento più sensibile. Il tasso di occupazione femminile, già fortemente penalizzato rispetto al resto d’Italia, subisce nel corso di 10 anni un ulteriore decremento pari a -3%”.
La disoccupazione giovanile “è drammaticamente in ascesa (ben più che raddoppiato) nel decennio 2004-2014. E tra i 25-34enni è quasi triplicato (dal 10,9 % al 28,4 %)”. C’è un altro dato su cui riflette la ricercatrice: “La forza di lavoro potenziale, cioè i disoccupati e gli inattivi che non cercano lavoro, ma sarebbero disponibili a lavorare, dal 2004 al 2013 è aumentata del 171,5%: un indicatore di malessere, di scoraggiamento che non deve essere trascurato”.
Famiglia e occupazione giovanile. Su questi due temi la ricercatrice ha suggerito di lavorare con la creazione di due centri, per famiglie e per giovani. Un percorso di accompagnamento e vicinanza per le coppie e uno che permetta di qualificare la ricerca nell’ambito lavorativo.
La ricerca è assai ampia, e riguarda anche i dati preoccupanti sulle ludopatie e su altre forme di povertà. Clicca QUI per il testo integrale della ricerca.