E’ stato presentato, nei locali della libreria Mondadori di Comiso, il libro di Enza Migliorisi “Mi ritorna in mente”. Un “piccolo tuffo nel passato”, tra ricordi e aneddoti che, con ironia e un pizzico di malinconia, raccontano una società semplice, ma autentica, ormai scomparsa. Un libro che si legge tutto d’un fiato, ma che si assapora parola per parola. “Piccoli capitoli – spiega l’autrice – che raccontano scene di vita familiare o di feste religiose vissute con enfasi. Oppure si soffermano su personaggi che hanno mi hanno dedicato il loro tempo, sperando di tramandarmi la loro saggezza”.
L’autrice è una professoressa di Lettere, nata a Comiso, ora residente a Ragusa. Con la sua città d’origine ha mantenuto un legame profondissimo. La testimonianza la grande presenza di pubblico alla presentazione del libro che racconta di una Comiso che non c’è più, ma che ancora vive nel ricordo, nelle passioni, nella quotidianità dei gesti di tante persone.
Da cosa nasce questo libro?
“Nasce dalla passione per la scrittura forte quanto il desiderio di ricordare e tramandare. Inevitabilmente, per qualcuno, arriva il tempo in cui è forte la tentazione di imprigionare su un foglio i ricordi. Il risultato, spesso, è un diario o un libro cosiddetto di memorie: una sorta di filo rosso che lo tiene legato al passato. E questo miraggio di eternità in terra ha lusingato anche me che, con grande coinvolgimento ho sempre custodito gli avvenimenti semplici, ma unici, della mia vita in famiglia di alcuni decenni fa”.
Per chi quegli anni li ha vissuti a Comiso, non è stato difficile riconoscersi in qualche momento di vita quotidiana, in una festa, in un quartiere descritti da Enza Migliorisi.
“La location del libro – spiega è la via Fenice, dove colloco soprattutto i miei genitori. E’ il senso della famiglia che ho cercato di rievocare in queste pagine: le zie che si riunivano a Pasqua per le mpanate; zii e nipoti che si riversavano in via Fenice per omaggiare i nonni a Capodanno. Ma anche le ristrettezze economiche del dopoguerra, con le mamme e le zie sempre pronte a far diventare nuovi un vestitino ormai malmesso. E poi l’affiatamento tra i fratelli, con la ‘missione’ della più grande che proteggeva i più piccoli”.
Una figura importante è quella della nonna paterna.
“Mia nonna Vicinzina, ovvero la mia istitutrice. Mi insegnava le preghiere e a relazionarmi con gli altri. Mi amava profondamente. E il bisnonno, ovvero la saggezza. Custodiva la tradizione e, all’occorrenza la superava guardando avanti. Mandava le figlie a scuole, e per quei tempi era raro. Chiamava ‘bocca aperta’ chiunque non credesse nel progresso o si facesse abbindolare dagli altri)”.
Ovviamente i genitori occupano un ruolo prezioso nel ricordo.
“I miei genitori: mia madre presenza silenziosa e amorevole, mio padre presente in ogni circostanza in modo gioioso e indispensabile”.
E infine, non certo per ordine d’importanza, le feste religiose che scandivano la vita della comunità.
“Pasqua e l’Addolorata, le feste più amate e più criticate dai Comisani, secondo la ‘fazione’. Io le ho vissute col cuore della nonna”.
Uno stile immediato, che con qualche pennellata accenna a un ricordo, suscita una nostalgia, smuove un sorriso.
E’ proprio l’ironia che accompagna queste pagine in una lettura piacevole e commovente.
Un vero tuffo nel passato, rievocato con bracciate agili e veloci. Una telecamera accesa sul fluire di un tempo che non c’è più, o forse, che continua a vivere in altra forma, quella della memoria, consapevole e grata.