Danno, doppio danno e beffa. È quella che temono gli sciclitani di fronte al fatto che, a quanto pare, il decreto di scioglimento del Comune potrebbe portare altre gravi conseguenze a cominciare dal fatto che la Cassa Depositi e Prestiti potrebbe non erogare, come invece fatto con gli altri comuni, l’anticipazione di liquidità utile a saldare i debiti pregressi.
“Se anche gli aumenti fiscali sono da mettere in relazione col fatto che i Comuni sciolti per mafia non avrebbero la possibilità di accedere alla concessione di questi mutui, si configurerebbe una situazione paradossale, per cui lo scioglimento per mafia comporterebbe un ulteriore danno a tutta la collettività, portandola verso il rischio dissesto”, hanno scritto proprio un gruppo di sciclitani nel documento emerso a conclusione dell’assemblea cittadina della scorsa settimana sul tema dell’aumento dei tributi. Il dubbio che effettivamente le due cose siano correlate, emerso a seguito della trasferta romana di uno dei Commissari straordinari al Ministero degli Interni per assumere determinazioni in ordine al piano di riequilibrio, nasce dall’interpretazione di circolari interne alla stessa Cassa Depositi e prestiti secondo cui “non possono comunque essere rinegoziati i finanziamenti che presentano alcune caratteristiche” tra cui il fatto di essere “enti commissariati per inquinamento mafioso privi degli organi elettivi ricostituiti”.
Ma dato che qui si parla di rinegoziazione, il punto sarebbe stabilire se questa previsione va o meno estesa anche alle nuove erogazioni. Nel caso del Comune di Scicli si trattava, come previsto dal Piano di riequilibrio approvato dall’ultimo Consiglio comunale, di un’opportunità vitale: finanziare oltre 5 milioni e mezzo di debiti fuori bilancio con un mutuo di durata trentennale. Alla mancata erogazione di questi fondi avevano fatto per la prima volta esplicito riferimento i commissari, nell’unico comunicato emanato, lo scorso 9 luglio, sulle criticità del Piano di riequilibrio: quel che resta da capire è se si tratti già di una certezza a cui non c’è più rimedio. Questo giustificherebbe appunto i provvedimenti della triade sulle aliquote: l’Irpef raddoppiata dallo 0,4% allo 0,8%, l’Imu per le seconde case alzata fino all’aliquota massima dell’8,1%, la Tari alzata fino al 7,72%, senza contare la tassa di soggiorno, per un aumento di circa 200 euro in più a famiglia.
[Fonte La Sicilia]