Scandalo doping nel ciclismo ibleo, la Polizia denuncia 34 persone

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Dopati per arrivare primi. E’ una triste storia quella venuta fuori grazie alle indagini della Polizia che ha scoperto, grazie all’operazione “Finti atleti”, un giro di doping. Sono 34 gli indagati tra Ragusa, Siracusa e Catania. La Polizia ha sequestrato farmaci dopanti e sottoposti ai controlli del Coni numerosi atleti dilettanti del ciclismo e della podistica. Centinaia le intercettazioni telefoniche. La Squadra Mobile ha aspettato alcuni indagati davanti alla casa sulla spiaggia di Punta Secca, all’arrivo della maratona “Filippide”, partita da Ragusa. Perquisite le auto dei corridori, le loro abitazioni e i luoghi di lavoro. Stessi controlli alla gara di ciclismo del Santissimo Salvatore a Chiaramonte Gulfi. Sono stati trovati farmaci dopanti utilizzati solitamente per malati oncologici. A giorni si attendono i risultati dei controlli antidoping. I controlli, al termine delle due gare, non sono state effettuati a campione. Gli agenti della Squadra Mobile hanno dato indicazioni ai medici della Procura antidoping del Coni di Roma di sottoporre al test quei soggetti che da tempo erano tenuti sott’occhio. Tra le persone coinvolte nell’operazione ci sarebbero anche un infermiere e i presidenti di alcune società sportive. A fare partire le indagini sarebbe stato un atleta, stanco di essere umiliato perché “pulito”. Il resoconto dell’operazione in un ampio comunicato della Polizia.

GENESI DELL’INDAGINE

Un atleta “pulito” stanco di essere umiliato tutte le domeniche dai suoi compagni d’uscita decideva di scrivere una lettera alla Procura della Repubblica di Ragusa. Il contenuto della missiva era molto dettagliato con nomi, indirizzi, quantità e tipologia di farmaci utilizzati dai “finti atleti”. Considerata la specificità della rivelazione fatta da un atleta, rimasto poi anonimo, la Procura delegava la Squadra Mobile di Ragusa per indagare ed appurare la veridicità della lettera. Gli investigatori attivavano le proprie fonti ed iniziavano un’attività d’indagine delicata, anche in considerazione della loro attenzione, sia nel procacciare le sostanze dopanti che nell’assumerle, stante il fatto che spesso la famiglia era all’oscuro di tutto. Raccolte le giuste informazioni, la Squadra Mobile di Ragusa effettuava diverse perquisizioni che davano esito positivo e permettevano di sequestrare (anno 2013 e 2014) centinaia di confezioni di sostanze dopanti e medicinali utilizzati impropriamente per ottenere prestazioni fisiche migliori.

L’INDAGINE

Dopo i sequestri d’ingenti quantitativi di medicinali e sostanze dopanti, tutti riconducibili agli indagati che ne facevano uso per gare dilettantistiche e, con grande sorpresa per gli investigatori, per le uscite della domenica con gli amici, la Procura della Repubblica autorizzava la Squadra Mobile ad effettuare le intercettazioni telefoniche su numerosi soggetti. Dal contenuto delle intercettazioni era chiaro che gli indagati facessero uso di sostanze dopanti il più delle volte per vantarsi tra amici, senza neanche competere da dilettanti. Le motivazioni, proprio perché banali, hanno reso ancora più complessa l’indagine, questo perché non era possibile il più delle volte provare che i soggetti avessero assunto le sostanze dopanti effettuando dei controlli antidoping. Questa attività sportiva, cosiddetta “della domenica”, ha permesso comunque di constatare come gli indagati, utilizzando un linguaggio criptico si rifornissero da altri pseudo atleti dilettanti che ne facevano uso o ancora da negozianti specializzati in vendita di biciclette che procuravano anche sostanze vietate. Gli sport interessati erano in particolar modo il ciclismo in primis e poi la podistica ed il body building. Tra i fornitori anche un infermiere di Ragusa che si occupava di procacciare medicinali senza ricetta ed in molte occasioni allestiva un ambulatorio per permettere agli “amici” di fare delle flebo con diverse sostanze e raggiungere i miglioramenti ambiti a discapito della salute e dei più elementari valori sportivi. Le intercettazioni hanno permesso di appurare che quasi tutti i soggetti dopati non riferivano alle famiglie di fare uso di sostanze vietate dalla legge, addirittura uno degli indagati (elemento emerso dalle intercettazioni) si preoccupava della moglie in quanto era stato colto in flagranza dalla loro bambina. La preoccupazione era che la bambina lo avesse visto e che raccontasse il tutto alla madre, nonché sua moglie: di certo l’uomo non si preoccupava dell’esempio dato alla piccola. Diversi i post su facebook di consigli sul doping ed anche, in modo del tutto sfrontato, un voler liberalizzare il doping. Uno dei ciclisti peraltro squalificato: “liberalizziamo il doping”. Diversi mesi di intercettazioni hanno permesso di individuare chi facesse uso di sostanze dopanti per partecipare alle competizioni sportive riconosciute dal Coni che, per mezzo della Procura Antidoping ha disposto dei controlli già un anno fa. L’esito ha permesso di squalificare per più anni alcuni atleti ed a vita un “allenatore” che somministrava di tutto. Poi sono stati individuati chi procurava le sostanze, chi le vendeva per poi darle agli altri correi e chi le custodiva prima delle gare. Sempre le intercettazioni hanno permesso di appurare che i soggetti indagati avessero una gran paura di venire colti in flagranza ed il loro linguaggio cambiava a seconda degli interlocutori. A titolo d’esempio il meccanico parlava di autoricambi, il falegname di parquet, l’idraulico di tubi, il tabaccaio di sigarette, ma hanno commesso troppi errori per non farsi scoprire dalla Polizia di Stato. Le indagini hanno poi permesso di estendere l’attività investigativa a soggetti di altre province con riscontri effettuati mediante perquisizioni ed ingenti sequestri di sostanze dopanti, da parte della Squadra Mobile di Catania e Siracusa. Le squalifiche inflitte dalla Procura Antidoping hanno costretto alcuni atleti a rimanere a margine delle competizioni ma ciononostante non li hanno allontanati dal “giro”. Alcuni addirittura sono sospettati di aver preso parte a competizioni sportive con tesserini di atleti “puliti” al fine di vincere alcune gare al nord Italia. In particolar modo un ragusano ha dimostrato durante le indagini di avere una navigata competenza sulle modalità di assunzione e sugli effetti delle sostanze dopanti che condivideva con gli atleti del suo gruppo sportivo allo scopo di ottenere risultati di rilievo, anche se squalificato; proprio tra gli associati a tale gruppo, la Squadra Mobile è riuscita ad individuare alcuni ciclisti adusi all’assunzione di medicinali vietati. Tra questi soggetti emergerà anche la figura di alcuni ciclisti assuntori e spacciatori di sostanze dopanti. Aspetto quasi incredibile dell’indagine è quello che ha visto alcuni degli indagati esercitare la professione sanitaria senza alcun titolo: difatti i più adusi all’uso di sostanze dopanti fornivano precise indicazioni in ordine a programmi afferenti l’assunzione di farmaci o sostanze biologicamente o farmacologicamente attive idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche. Nonostante le squalifiche del Coni alcuni atleti appena scontata la pena inflitta riprendevano subito a doparsi e ad acquistare le sostanze nocive. Tra i soggetti indagati vi sono anche i presidenti di alcune squadre di dilettanti che in occasione delle gare fornivano supporto logistico consentendo che i luoghi di lavoro divenissero teatro operativo delle cessioni dei medicinali vietati. La Squadra Mobile dopo aver raccolto elementi di prova schiaccianti a carico degli odierni indagati ha deferito alla Procura della Repubblica che ha disposto la denuncia in stato di libertà a carico di 19 ragusani, 9 siracusani, 5 catanesi, 1 reggino. Tutti gli indagati sono stati identificati compiutamente dalla Squadra Mobile e saranno resi edotti dei reati commessi e dovranno nominare un legale di fiducia.