“Finalmente giovedì sera in aula, a maggioranza, è passato il regolamento relativo alla gestione delle strutture precarie all’interno di edifici privati. Un passaggio consumato grazie alla volontà della maggioranza consiliare che, ancora una volta, ha dovuto assistere a dichiarazioni strumentali da parte delle minoranze che hanno, poi, preferito abbandonare i lavori”.
Questa la dichiarazione dei consiglieri del Movimento Cinque Stelle, Massimo Agosta, Maurizio Stevanato e Antonio Tringali che, in una nota, spiegano:
E’ stata finalmente regolamentata una legge regionale del 2003 che, da un punto di vista procedurale, lasciava ampi margini interpretativi sulla gestione delle realizzazioni di strutture all’interno di edifici privati, siano esse strutture mobili su un terrazzo, o in un giardino o in un terreno. Da un punto di vista tecnico, tanto per dare il senso dell’azione compiuta, verranno stoppati i progetti ‘fai da te’ di chiusure di verande o balconi ed è stato stabilito che le tettorie e le verande che verranno ricavate non devono superare la superficie interna, con l’inserimento di un limite massimo per tettoie di 100 metri quadrati per le abitazioni private e 150 metri quadrati per le attività produttive, fermo restando che le autorizzazioni, prima di procedere, dovranno essere rilasciate, dove previste, dagli uffici competenti del Genio Civile e della Soprintendenza ai BB.CC.
In questo modo – hanno proseguito i consiglieri Agosta, Stevanato e Tringali – responsabilmente abbiamo azzerato il principio della discrezionalità che si sarebbe potuto applicare in questi casi non essendoci un riferimento normativo chiaro. Questa è la chiave di lettura che la maggioranza consiliare ha dato all’atto in oggetto per circoscrivere l’azione arbitraria che si sarebbe potuta prefigurare, diversamente dall’interpretazione evidentemente compiuta dalle minoranze, che non hanno garantito la loro presenza ai lavori consiliari. Dal canto nostro – hanno concluso i tre consiglieri pentastellati – siamo certi di aver agito nel migliore dei modi e di aver sanato un regolamento che, nell’applicazione pratica, a nostro avviso, aveva delle condizioni di non chiarezza.