Siamo sempre più isolati, piuttosto che “isolani” e disconnessi dal resto del vecchio continente sia come storia, sia come infrastrutture. E bistrattati. Si bistrattati dalla negligenza di chi riversa attenzioni altrove per poi puntare il dito sull’arretratezza e la mancanza di collegamenti col resto del mondo.
50 anni solo per parlare e sparlare di un ponte che è stato solo un escamotage per raccogliere consensi politici presso quasi tutte le generazioni che si sono susseguite. Altri 50 anni per mettere in sicurezza la ss.115 Siracusa/Gela che continua a mietere vittime. Ferrovie obsolete che, invece di rinnovarsi e congiungere i tre punti di quest’isola che è la regione più grande d’Italia, vengono smantellate nel segno di un risparmio che non salverà nessuno dal fallimento. Autostrade che crollano e che sono il vettore più utile a passerelle politiche che nulla aggiungono e nulla tolgono alla risoluzione dei problemi. E non voglio parlare di disoccupazione, fuga di cervelli e lavoro nero.
Alziamo lo sguardo…guardiamo l’Europa. Diktat incredibili che altro non fanno se non infierire sull’economia isolana che, da sola, potrebbe bastare non solo a se stessa ma a tutti gli stati europei. Si fa entrare di tutto, dall’ortofrutticolo agli alimentari. Per non dire delle famose quote latte in una regione dove il comparto zootecnico è, scusate era, molto produttivo. Per cosa? Per immettere nel mercato i prodotti di altre nazioni mittle europee. Adesso arriva l’ultima genialata: il formaggio si fa con il latte in polvere. Devo aggiungere altro?
Ma torniamo al nostro. Riparliamo di infrastrutture e collegamenti. L’aeroporto di Comiso. La prima domanda che mi viene in mente è questa: se gli americani ci hanno fatto una base missilistica negli anni ’80, non è che ci hanno visto un punto strategico? Ma forse sarebbe meglio andare ancora più indietro nel tempo e capire perché nel 1935 anche il duce pensò che Comiso fosse strategico. La seconda domanda: può una zona strategica cambiare connotazione e non esserlo più? Io credo di no. Comiso è sempre in Sicilia che, a sua volta è sempre l’ombelico del mediterraneo che, a sua volta ancora, è una porta di entrata e di uscita. Stavolta però questa posizione così privilegiata da fastidio. Come da ancora più fastidio un aeroporto civile e non militare. Da fastidio talmente tanto che alcuni (pochi) siciliani stessi ne ostacolano lo sviluppo.
E se le incrinature partono dalla base, è naturale che salendo di livello la strada sia più facile per mettere bastoni tra le ruote, o “tarpare le ali”. Passeremo ancora anni a chiederci cui prodest, anche se la risposta la sappiamo già. Ma il resto dei siciliani, in tutto questo, che ruolo ha? Dove sono? Credo che questo sia l’unico, vero, interrogativo.