Fuoco incrociato su Palazzo dell’Aquila per lo sfruttamento petrolifero

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Due ricorsi al Tar sono stati presentati dalla Irminio srl e dalla Eni Mediterranea Idrocarburi spa per chiedere l’annullamento della delibera di giunta 142 del 2015 con la quale è stata approvata una proposta di modifica dell’articolo 48 delle norme tecniche di attuazione del Piano regolatore generale. Il provvedimento, che mira a rendere più chiare le norme per le costruzioni in zona agricola, prevedeva in queste aree – molte delle quali di grande pregio paesaggistico – lo stop alla possibilità di trivellare idrocarburi e gas.

Il primo ricorso è stato notificato a Palazzo dell’Aquila il nove giugno scorso. Ed è quello della Irminio che, di lì a poco, ha ottenuto il via libera alle ricerche petrolifere in contrada Buglia Sottana. Un nulla osta contestato dagli ambientalisti, ma che il Comune ha specificato essere l’unica “risposta” possibile dal momento che la Regione aveva già approvato il progetto. Una scelta obbligata, dunque. Il sindaco, Federico Piccitto, aveva poi assicurato che, grazie alla riformulazione dell’articolo 48, richieste analoghe, in futuro, sarebbe stato possibile stopparle. Nonostante si tratti di una delibera di giunta, senza alcun valore dal momento che l’approvazione spetta al consiglio comunale con il placet finale della Regione trattandosi di norma urbanistica, le due società mettono le mani avanti e chiedono al Tribunale amministrativo regionale l’annullamento.

In particolare nel ricorso presentato dalla Irminio si sostiene che “la delibera della giunta municipale impugnata attiene ad ambiti, settori e materie sottratti alla competenza del Comune”. Ci sarebbe quindi una violazione dello statuto siciliano in quanto “La Regione siciliana ha competenza legislativa e amministrativa esclusiva in materia di miniere”. Il provvedimento violerebbe anche il cosiddetto “Sblocca Italia” voluto dal governo Renzi che – nei fatti – ha dato il via libera alle trivelle in maniera indiscriminata sia a terra che a mare. Ma è il passaggio relativo all’aspetto economico che nel ricorso è evidenziato in maniera secca: i soldi provento delle estrazioni sono fondamentali. Il divieto generalizzato previsto dalla delibera “avrebbe l’effetto di interferire in materie riservate in via esclusiva alla Regione e soprattutto nella stessa gestione del patrimonio regionale”.

In parole più semplici: il Comune non può decidere in che modo attuare lo sviluppo del proprio territorio, anche perché si rinuncerebbe a somme consistenti. Nel ricorso sembra di leggere una visione di modello unico di sviluppo, che invece viene contestato dallo stesso Movimento 5 stelle e dagli ambientalisti. In altre parole, come sostenuto da chi si batter per le rinnovabili, spetterebbe al territorio decidere quali siano i modelli di sviluppo tali da innescare positivi effetti in ordine economico e occupazionale. Ovviamente saranno le determinazioni dei giudici del Tar a stabilire, almeno sotto il profilo giuridico, le ragioni dell’una o dell’altra parte. Il ricorso della Irminio è stato presentato sotto la forma dei motivi aggiunti rispetto a quello che era stato già avviato al Tar per chiedere il pronunciamento del Comune sulle ricerche in contrada Buglia Sottana.

(Fonte: Giornale di Sicilia)