Le confessioni: “eravamo ubriachi, abbiamo visto la coppia uscire dalla discoteca ed abbiamo pensato di divertirci un po’; due di noi hanno colpito lui con un bastone ed in due abbiamo violentato la donna; ammazzato l’uomo, abbiamo violentato la donna per un’ora, poi per continuare l’abbiamo portata nuda vicino una serra ed abbiamo continuato per un paio di ore a turno; eravamo ubriachi,lo abbiamo fatto così tanto per farlo; pensavamo non ci avreste trovati, qui in campagna chi poteva aver visto”.
La Polizia di Stato – Servizio Centrale Operativo, Squadra Mobile di Ragusa e Commissariato di Pubblica Sicurezza di Vittoria – ha individuato e sottoposto a fermo di indiziato di delitto, disposto dalla Procura della Repubblica di Ragusa, per i reati di concorso in omicidio doloso commesso con l’uso delle armi, sequestro di persona e violenza sessuale di gruppo aggravata quattro tunisini di età compresa tra i 27 e i 23 anni, rinchiusi al carcere di Ragusa.
I fatti sono stati consumati il 25 aprile. La richiesta, il giorno dopo, alle 07.45 sull’utenza di pronto intervento della Polizia di Stato 113, quando più persone che lavorano nelle vicine serre segnalavano la presenza di un uomo privo di vita riverso a terra in una pozza di sangue, con la testa fracassata. L’abilità e la professionalità di chi ha gestito le prime fasi dell’intervento hanno permesso di apprendere dalla convivente della vittima, in evidente stato confusionale, che era stata violentata da più persone nel medesimo luogo dell’omicidio così come in altri luoghi.
La donna visitata in ospedale, riferiva all’Ispettore che la seguiva costantemente i fatti, che assumevano un tono sempre più grave. Il medico del pronto soccorso constatava i segni di violenza carnale sulla donna e diverse ferite che la stessa si era procurata quando era stata denudata e gettata a terra tra le sterpaglie.
La donna denunciava che all’uscita di una discoteca a Scoglitti a 250 metri dal luogo dell’omicidio lei ed il suo compagno Nicu si stavano dirigendo a piedi verso casa, distante circa 1 km. Dopo aver percorso un breve tratto, la donna – secondo quanto riportato dagli organi inquirenti – vedeva un ragazzo nord africano colpire alle spalle e senza alcun motivo il compagno, mentre un altro uomo le tappava la bocca con le mani per non farla gridare; quasi contestualmente un altro ragazzo la spogliava lasciandola solo in maglietta. I due abusanti le dicevano di stare zitta e di non opporre resistenza altrimenti l’avrebbero uccisa. A turno prima due e poi tre la violentavano mentre il quarto dopo l’omicidio si dava alla fuga. Non soddisfatti, la facevano alzare e sotto la minaccia di una spranga in ferro la facevano camminare per quasi 4 chilometri portandola nuda vicino un casolare abbandonato nei pressi di una serra. In tre continuavano ad abusare di lei per quasi 2 ore senza alcuna sosta, prima uno poi l’altro e poi l’altro ancora.
Alle 7 del mattino l’hanno abbandonata li in stato confusionale fuggendo, minacciandola ancora che se avesse denunciato alla Polizia l’avrebbero uccisa. La vittima ancora nuda e senza scarpe camminava nuovamente per qualche chilometro dove raggiungeva casa per cambiarsi e poi ritornare a cercare il compagno nel luogo dove era stato colpito sperando di trovarlo vivo ma al suo arrivo c’era già la Polizia che le comunicava il terribile evento.
Il sequestro delle immagini dell’impianto di sorveglianza è la prima attività della Squadra Mobile, bisogna studiare cosa è successo poco prima dell’omicidio, si ipotizzava una rissa post discoteca ma le immagini non registravano simili tensioni all’interno ed all’esterno del locale.
Nel contempo la signora veniva assistita da personale femminile durante le visite in ospedale, l’unica maglia che aveva addosso durante la violenza subita veniva sequestrata, così come gli indumenti indossati subito dopo il reato subito. Veniva fatto il prelievo del DNA della donna e quello del cadavere per avere una certezza della loro identità ed isolare altro eventuale DNA presente sugli indumenti. Esattamente dove aveva indicato la donna vi erano i suoi vestiti, pantaloni, slip, calze e scarpe che davano subito una risposta positiva per la presenza di tracce biologiche mediante lampade speciali. Il tempo passava le indagini continuavano e finalmente dopo ore di studio delle immagini acquisite dai sistemi di video sorveglianza della discoteca qualche elemento utile iniziava a venir fuori.
Dalle immagini si capiva che qualcosa all’interno della discoteca non era andata per il verso giusto quindi venivano convocati notte tempo il titolare ed i buttafuori del locale che immediatamente si mostravano collaborativi. Forse perché abituati ritenevano normale qualche schiaffo e qualche ubriaco molesto ma effettivamente nessuna rissa dentro e fuori da locale. Un paio di soggetti venivano identificati grazie alla vittima che guardando le immagini della discoteca riferiva che potevano essere persone informate sui fatti. A quel punto toccava andarle a prendere e questo è stato il lavoro più difficile.
Gli agenti iniziavano a portare magrebini presso gli uffici di Polizia. Tutti venivano fotosegnalati ed a tutti venivano prelevato un campione salivare per effettuare l’esame del DNA, erano tutti potenziali autori del reato stante la loro presenza in discoteca. Finalmente veniva trovato il tassista abusivo che la vittima aveva indicato come colui che aveva incrociato pochi istanti prima dell’aggressione.
Messo alle strette il tassista riferiva i nomi di tutti quelli che aveva portato in discoteca quella sera e soprattutto di quelli che aveva lasciato li perché pieno, dicendo di far rientro appena possibile a prenderli, elemento importante perché la donna riferiva di aver visto una macchina descrivendola alla perfezione e di aver intuito che gli autori del reato erano vicino quella macchina. Bisognava cercare chi aveva lasciato a piedi il tassista.
Il cerchio si stringeva, erano passati già 3 giorni, non esisteva stanchezza ma il morale non era alle stelle si aveva paura della fuga degli autori del reato. Si faceva notte, la Polizia Scientifica grazie ad apparecchiature speciali per il rilevamento tracce iniziava a riferire note positive, la macchina del tassista ha il bagagliaio con tracce ematiche, l’uomo veniva incalzato sempre di più ma altre telecamere lo scagionavano quindi bisognava capire cosa era accaduto quella sera, ma lui ha paura la sua macchina ha tracce di sangue e lui si giustificava dicendo di aver trasportato animali morti ma aveva sempre più paura ed iniziava a collaborare.
La paura per qualcuno dei presenti è sempre più forte, appena lasciati da soli in stanza iniziavano a complottare“tu hai visto, io no, si tu non puoi non aver visto”, si accusavano a vicenda si volevano sottrarre ad eventuali responsabilità ma si volevano altresì sottrarre anche a dover testimoniare. Il nervosismo saliva, gli interrogatori di alcuni soggetti duravano appositamente ore, venivano disposti i primi fermi di identificazione in quanto bisognava essere certi della loro identità e per di più bisognava ancora interrogarli, prenderli sulla stanchezza farli tradire ed in questo gli investigatori sono stati molto bravi, non bisognava mai mollare la presa.
La donna tornava in ufficio, assistita sempre dalla stessa Ispettrice di Polizia e psicologa, ma veniva la parte più dura, il riconoscimento mediante album fotografico dei sospettati, la vittima guardava le foto una per una, riconosceva chi era dentro la discoteca ma escludeva la loro responsabilità, stavano per finire le foto sembrava che tutto ciò che era stato fatto non era valso a nulla ma nell’ultima pagina vedeva una foto ed inizia a piangere a dirotto. Il verbale veniva sospeso la donna rassicurata, perdere la sua stabilità emotiva sarebbe stato deleterio, si decideva di continuare dopo qualche ora.
La donna diceva che quell’uomo era li ed aveva offerto un passaggio alla coppia, si correva subito a prenderlo uno dei presenti in commissariato sapeva perfettamente dove lavorava. Pochi minuti dopo era sotto interrogatorio, ma lui si dichiarava estraneo, dalle telecamere si capiva che aveva offerto un passaggio, lui è l’ultimo ad aver visto la coppia si sospetta sapesse qualcosa ma nulla, non diceva nulla di utile e chiamava a testimoniare altre 5 persone. Tutti in ufficio,“ascoltiamo tutti” era la parola d’ordine, si doveva trovare chi aveva ucciso e chi aveva violentato la donna sequestrandola.
Ci siamo, qualcuno iniziava a piangere ma per stanchezza, qualcun altro iniziava a dire che voleva andare via per cercare gli assassini e portarli alla Polizia, le persone informate sui fatti venivano ascoltate nuovamente e finalmente il “tradimento” di uno di loro. La sua versione non coincideva con la precedente, non si capiva il perché. Ai giovani presenti si parlava solo dell’omicidio non della violenza sessuale per non farli spaventare troppo. Ecco l’errore, uno di loro faceva il nome di un soggetto che ancora non era stato convocato dicendo di essere andato in discoteca con 3 amici, poi con 2, poi con 3, ecco dove insistevano gli investigatori.
Il ragazzino di appena 20 anni ha fatto un errore, si lavorava su quello tutta la notte, le sue versioni erano sempre più contraddittorie, piangeva ma non mollava, non cedeva, iniziava ad albeggiare si metteva in macchina il giovane e si andava a prendere l’amico di cui aveva fatto il nome per errore. Appena giunti in campagna il ragazzo anche lui giovanissimo stava zappando la terra, vedendo una macchina nuova, tentava di allontanarsi, poi però tornava indietro facendo finta di stare tranquillo, ma alle emozioni non si comanda, non è un criminale non ha neanche l’aspetto di un criminale, forse ha l’aspetto di altra categoria.
In macchina iniziava a tremare, ecco la svolta alle indagini, tutti aspettavano quel momento, è venerdì notte, sono passati 5 giorni di indagini senza sosta, ma l’adrenalina aiuta sempre. In stanza ad aspettarlo c’erano già 8 poliziotti, entrato si sedeva il giovane e diceva subito che lui sapeva tutto. Si tirava un sospiro di sollievo ma non era finita, il Pubblico Ministero viene informato, aspetta notizie dopo la sua testimonianza.
Il ragazzino iniziava a parlare, dichiarava di aver visto dei suoi amici che avevano una spranga in mano ma che lui per paura era fuggito ed andando via non aveva visto cosa fosse successo ma a distanza di 500 metri aveva udito un tonfo e delle urla di donna. La sua versione era quella di uno che aveva commesso qualcosa ma voleva accusare altri, a quel punto veniva incalzato sempre più, lui chiede di cancellare tutto e diceva di aver visto chi era stato.
La donna veniva nuovamente interrogata e in un pianto straziante riconosceva senza alcun dubbio chi aveva violentato lei ma non chi aveva ucciso il suo compagno e lei voleva sapere solo questo, di lei non importava, così diceva piangendo. In ufficio c’erano gli stupratori, forse non ancora gli assassini, era tutto da chiarire. Il giovane sotto torchio descriveva ogni particolare: chi dei suoi amici aveva colpito l’uomo e chi aveva violentato la donna, ma lui era li ed impaurito si era nascosto ma aveva visto, non era credibile ma ormai era fatta la strada era quella giusta.
Venivano sentiti gli altri e messi l’uno contro l’altro, fornivano ognuno di loro dei dettagli sulla condotta, quindi sentitisi traditi confessavano ogni cosa e come immaginato il primo testimone era stato proprio colui che aveva dato il colpo di grazia. La vittima riconosceva i 3 che l’avevano violentata, poi sequestrata e poi ancora violentata ma non sa chi è l’assassino, a quello ci hanno pensato loro stessi rendendo testimonianza. Il branco di criminali era stato tutto catturato, la paura diminuiva perché avrebbero potuto uccidere e violentare ancora, proprio approfittando dell’omertà che vige nelle campagne ed in culture sottosviluppate.
Il Pubblico Ministero Dott.ssa Monego Monica informata di tutto si precipitava in Commissariato a Vittoria per interrogare, alla presenza degli avvocati, questi criminali reo confessi che confermavano quanto dichiarato alla Polizia di Stato ed aggiungendo altri particolari agghiaccianti.