Che sia stato un colpo di scena, quello andato in onda all’Ars mercoledì 8 sera, non è certo.
Di sicuro, però, ci sono tre dati di fatto.
1) Con 36 voti favorevoli e 22 contrari, il ddl sulla istituzione dei Liberi consorzi di Comuni di fatto è stato bocciato. Gli emendamenti delle opposizioni (M5S e centrodestra) soppressivi dell’articolo 1 sono stati approvati, a scrutinio segreto.
2) Siccome i deputati dell’opposizione che hanno votato erano 24, è evidente che in loro soccorso sono intervenuti voti provenienti dai banchi della maggioranza, cioè dei franchi tiratori.
3) L’abolizione delle Province – la madre di tutte le riforme della rivoluzione di Crocetta – è finita nel caos. La maggioranza e il governo regionale sono andati sotto già al primo articolo, quello che prevedeva l’istituzione di 6 Liberi consorzi di comuni e tre città metropolitane di area vasta (Palermo, Catania e Messina).
Hanno vinto, quindi, i Cinquestelle, con l’appoggio dell’opposizione, e di qualche elemento della maggioranza che vuole mettere fine all’esperienza da governatore dell’ex sindaco di Gela. E mentre il presidente del Parlamentino siciliano, Giovanni Ardizzone, invitava i colleghi a votare almeno una norma per prorogare i commissari fino a giugno la seduta è stata subito sospesa e adesso occorrerà trovare una soluzione. Una soluzione che metta una toppa a questo “sbrego” politico-istituzionale-amministrativo.
Già, che cosa succederà ora?
1) Sotto il profilo politico è lampante, nonostante il voto segreto dell’Ars, che ci sia un problema grande quanto l’Aula, tra il governo Crocetta e chi lo sostiene. La Sicilia oggi in edicola riporta i rumors di corridoio secondo cui i franchi tiratori siano stati 7-8 del Pd e 2-3 delle altre forze di maggioranza. Non ci sarebbe da stupirsi: la protesta politica di parte dei Dem neo confronti del governatore si trascinava da tempo.
2) Sotto il profilo amministrativo: il ddl sui Liberi consorzi di Comuni, ormai per questa sessione, è sepolto. Potrà essere riproposto con modifiche alla prossima e con inizio ex novo dell’iter parlamentare. Bene che vada, il testo riscritto potrà tornare in Aula a inizio estate. E se ne prevedono di diversi. Di fatto, è caduta l’intera impalcatura del testo, composto da 47 articoli, proprio mentre scadevano i mandati dei commissari delle ex Province (Dario Cartabellotta, che guida il Libero Consorzio di Ragusa, ha già fatto il resoconto dei suoi tre mesi da commissario straordinario, nei giorni scorsi).
3) Per colmare il vuoto di governance, a questo punto la Giunta è costretta a presentare un ddl per la proroga dei commissari almeno fino al 31 maggio se non oltre. Rivolto all’Aula, il presidente Ardizzone ha provato a dare un nuovo termine: “Le riforme si scrivono assieme e soprattutto sui principi dobbiamo essere d’accordo. È chiaro che la riforma la continueremo subito dopo l’approvazione della Finanziaria. Possibilmente entro il 15 giugno come data ultima”.
Duro il commento di Crocetta: “Chi non vuole approvare la legge sui Liberi consorzi non ha forse capito che, comunque, le Città metropolitane e i Liberi consorzi di Comuni, in Sicilia sono stati già istituiti con legge regionale. Le Province, dunque, non resusciteranno. Con la nuova legge si tratta di stabilire quale governance, le funzioni ed il destino dei lavoratori. Indietro, dunque, non si torna, nè si può tornare. Quanto è accaduto riguardo al ddl sulle Province, è semplicemente allucinante. Di fatto si lascia nel limbo la sorte di enti e incrementa le preoccupazioni dei dipendenti delle province che non riescono a comprendere quale sarà il loro futuro. Spero che per qualcuno, anche questa volta, non sia occasione per attribuire al governo della Regione responsabilità che non ha, rispetto al voto parlamentare. E spero che qualche accanito critico, prenda atto dello iato profondo che c’è tra la richiesta che viene dalla società rappresentata dalla proposta fatta dal governo e una parte del Parlamento che non vuole cambiare nulla, per impedire che ci sia quel processo di sviluppo e crescita che la Sicilia merita”.
E anche dalle parole degli altri protagonisti emerge netta la sensazione che dietro al flop della legge si nascondano altri obiettivi politici:
“Quanto accaduto all’Assemblea Regionale Siciliana dimostra senza ombra di dubbio che perfino chi a parole sosteneva la riforma, in cuor proprio comprendeva che si trattava invece di un grave errore”, dichiara il senatore Giovanni Mauro, commissario e portavoce di Forza Italia per la provincia di Ragusa: “Il progetto del presidente Crocetta era fallimentare fin dall’inizio”.
“No sono d’accordo con la proroga dei commissari delle Province”, afferma il deputato regionale di Sicilia Democratica e Sal, Giambattista Coltraro. “Sono per un’attività politica di riforme strutturali per la Sicilia. E non è pensabile lasciare ancora le Provincie spoglie di alcun valore istituzionale. La riforma delle Province doveva a mio avviso essere portata avanti come in realtà è avvenuto a livello nazionale. Anzi, il Ddl sulle Province doveva rappresentare un caposaldo dei lavori dell’Assemblea. E questo anche se alcuni aspetti, come i profili delle competenze delle ex Province, potevano essere perfettibili. Ma una cosa – conclude l’on. Coltraro – è discutere la riforma in Aula e un’altra è nascondersi dietro un voto segreto che non serve ad altro che a mantenere vecchi sistemi di gestione del potere”.
“La Sicilia è senza bussola e la bocciatura del ddl sulla riforme delle Province è la prova provata che navighiamo a vista e brancoliamo nel buio. Lo ripeto, siamo ai titoli di coda, alla fine dell’esperienza di questo governo regionale”, dice in un tweet il deputato regionale del Pd, Fabrizio Ferrandelli.
Dopo il voto che ha mandato in tilt governo e maggioranza, tra le cui fila si conta un buon numero di franchi tiratori, il segretario del Pd siciliano Fausto Raciti ha chiesto l’immediata convocazione di un vertice di maggioranza.