Il “caso Scirè”, il docente universitario (originario di Vittoria, ma studi a Firenze) di Storia Contemporanea che il Tar di Catania con una sentenza inequivocabile ha decretato vincitore di un concorso per insegnare nella sede di Ragusa della Facoltà di Lingue, resta a tutt’oggi ancora senza cattedra.
Una situazione sempre più kafkiana per il professore di Storia Contemporanea che si vede privato di un diritto che il Tar gli ha riconosciuto ed aspetta ancora che l’Università di Catania esegua la sentenza. Domanda lecita: siamo ancora in uno Stato di diritto o no?
Di fronte al caso di questo professore ‘tagliato’ dai giochi di potere dei soliti potentati i commenti si sprecherebbero per denunciare una vicenda grottesca e assurda. Senza voler cadere nella demagogia di circostanza appare lecito chiedersi perché uno storico con un conclamato curriculum sulla materia in un regolare concorso deve vedersi superato in graduatoria da un architetto ed è costretto a rivolgersi al Tar per far valere i suoi diritti e i suoi titoli accademici.
E una volta ottenuta giustizia deve inseguire i vertici amministrativi dell’Università di Catania con una serie di diffide e giudizi di ottemperanza per rendere efficace quella sentenza che un Tribunale ha emesso quasi un anno fa? E si ritrova ancora senza cattedra e senza il riconoscimento giuridico di quel titolo che gli impedisce di avere il normale e regolare rinnovo del contratto per altri due anni. O addirittura è necessaria un’interpellanza al Senato per accendere i riflettori su un caso che rischia di trasformare l’Università di Catania in un cinico muro di gomma.
Se il merito non viene considerato come appurato dal Tar di Catania che ha riscritto la graduatoria del concorso di Storia Contemporanea di tre anni fa cosa resta in mano al professore Scirè, se non la denuncia pubblica e la rabbia, considerato che per l’Università di Catania anche una sentenza di un Tribunale amministrativo – tra l’altro non appellata davanti al Cga – è acqua fresca?
Per rispetto del lettore è giusto ripercorrere le tappe di questa vicenda “malata” e incredibile che legittima alla fine uno studioso a lasciare l’Italia e a non credere più in questo Stato di diritto perché l’Università ha abolito la selezione per merito per adottare quella della cooptazione servile.
Giambattista Scirè, una laurea in Storia contemporanea, un dottorato di ricerca in Studi Storici sull’età moderna e contemporanea, e ben 5 anni di assegni di ricerca in progetti in storia contemporanea, oltre ad avere all’attivo pubblicazioni di caratura nazionale su argomenti come il rapporto tra cattolici e laici nell’Italia repubblicana (edito da Carocci) e la storia dei diritti civili, in particolare le leggi su divorzio e aborto (editi da B. Mondadori) e sugli Indipendenti di Sinistra si è visto superare da un architetto che non aveva i suoi stessi titoli, tanto da costringere per palese illogicità il Tar di Catania a riscrivere la graduatoria. Ma la sua, quella di Scirè, è stata una vittoria di Pirro, visti gli ultimi accadimenti.
L’ateneo di Catania lo fa insegnare a Ragusa solo 4 mesi (da settembre a dicembre 2014) e non lo considera giuridicamente vincitore di concorso, in modo da rinnovargli il contratto di altri due anni perché non è stato possibile valutarlo in quei 4 mesi di insegnamento. Lo lascia così a casa e non si preoccupa dei disservizi che crea agli studenti iscritti a quel corso (protagonisti di una petizione al Rettore che resta lettera morta) che di punto in bianco non completano il corso (le lezioni sono state sospese a gennaio), non possono sostenere esame in un appello di febbraio prima che la sede corra ai ripari successivamente pensando alla sua sostituzione. Tutto liscio come se nulla fosse accaduto.
Morale: non bastano i titoli accademici, una sentenza del Tar che mette il “bollo” della meritocrazia per insegnare all’Università di Catania. Tutto inutile perché “altra” è stata la decisione presa: non disturbate il manovratore, per favore!