Parrocchie e centri caritativi della diocesi fanno sempre di più, i servizi sociali pubblici offrono sempre meno.
È il dato che emerge nella relazione che annualmente la Caritas presenta al vescovo di Ragusa.
Giovedì pomeriggio l’incontro con i volontari. “Aumenta il numero di coloro che si rivolgono ai servizi Caritas” è stato spiegato: “anche per effetto della riduzione dei casi presi in carico dai servizi sociali e dagli enti socio-assistenziali; aumenta, al contempo, la complessità delle situazioni di disagio, che non consente una presa in carico diretta e immediata dei casi. E si cronicizzano alcune situazioni di povertà prima temporanee, segnando in questo modo il passaggio da una momentanea difficoltà economica a condizioni di vera e propria esclusione sociale: l’aumento, fra coloro che si rivolgono ai centri di ascolto, dei disoccupati di lunga durata ne è una testimonianza”.
L’emergenza alimentare è, quindi, da considerarsi un effetto del peggioramento delle condizioni economiche di singoli e famiglie. Inoltre alcuni comportamenti legati: “agli stili di consumo e alle dipendenze (shopping compulsivo, credito al consumo, rateizzazione delle spese, ricorso al fido bancario, gioco d’azzardo, cyber dipendenze) hanno contribuito a generare nuove sacche di disagio che si sono riversate nel circuito Caritas e che richiedono interventi consulenziali e di supporto specialistici, oltre all’attivazione, da parte delle Caritas, di forme di intervento materiale ed economico (sostegno per far fronte al sovra-indebitamento o all’indebitamento da gioco)”.
La diocesi è in campo con 25 operatori, 13 volontari, 31 giovani del servizio civile. Opera su Ragusa, Comiso, Vittoria, ma anche a Santa Croce e nei piccoli comuni attraverso le parrocchie.
A Ragusa da qualche mese è attivo il Ristoro San Francesco: 80 pasti in tre giorni della settimana, nell’85 per cento dei casi si tratta di italiani. Altri 68 pasti vengono portati a casa di chi ha bisogno. Quindici donne più due minori ospitati nella Casa di accoglienza di Comiso: hanno sofferto situazioni di maltrattamento o escono da casi di estrema povertà e anche prostituzione. Circa 3.500 le persone aiutate dai Centri d’ascolto. Si è riuscito a dare un numero maggiore di risposte grazie all’impegno di numerose parrocchie. In aumento, del 10 per cento, gli italiani in difficoltà.
Ci sono poi altri progetti attivi come l’Housing First: 35 le persone a cui è stato trivato un alloggio. Cento mesi di affitto pagato ad altrettante persone in stato di bisogno. E poi l’alloggio temporaneo, per un totale di 495 notti offerte a chi non aveva un tetto.
Il progetto con le scuole grazie al Rotary, con sostegno psicologico e kit scolastici donati ai bambini a Ragusa e Santa Croce.
E ancora il progetto Presidium: “Abbiamo incontrato”, spiegano in Caritas: “oltre 250 persone singole con una presa in carico di 60 per questioni amministrative, sanitarie, legali. Ad oggi le prese in carico sono più di 350 e le persone contattate quasi 1.000 tra le serre di Vittoria, Scoglitti e Marina di Acate”. Il progetto mira a far emerge situazioni di sfruttamento soprattutto tra i lavoratori agricoli nella fascia trasformata.
Dall’analisi, emerge che: “la riduzione di risorse pubbliche destinate alla protezione sociale ha comportato: la contrazione complessiva dell’offerta di servizi pubblici, il deterioramento della qualità dei servizi stessi un disinvestimento in ricerca e innovazione”. Per l’ente caritativo della Chiesa, “in un contesto di insufficienza delle risorse economiche, la valutazione dell’efficacia degli interventi, del loro impatto e della loro sostenibilità economica diventano una questione cruciale. In una fase di consolidamento della povertà assoluta, occorre intervenire in prima istanza a sostegno del reddito delle persone in questa condizione, che vanno messe (‘reimmesse’) in condizione di raggiungere livelli di vita minimamente accettabili”.
“Le Caritas”, si legge ancora: “si trovano di fronte alla necessità di gestire, oggi più di prima, richieste di tipo materiale ed esigenze di tipo economico e, al contempo, si vedono costrette a riconfigurare i servizi offerti nell’ottica di una loro specializzazione sempre più marcata. Viene da dire che in una fase di remissione del pubblico, qualunque funzione vicaria assunta dai soggetti del terzo settore disattenda quanto meno il principio di sussidiarietà, in assenza, per giunta, di un disegno che preveda il riassetto complessivo del sistema di interventi contro la povertà”.