La Costa Crociere ha conferma, sulla sua pagina Facebook che ha lasciato il porto di Tunisi all’1,55 di questa notte la Fascinosa, la nave da crociera dalla quale erano scesi molti dei turisti che si trovavano al museo dei Bardo teatro dell’attentato che ha causato 23 morti totali e una cinquantina di feriti.
Al momento della partenza il comandante ha confermato che il numero dei passeggeri che non hanno fatto ritorno alla nave è sceso a 13 visto il rientro di un’latra persona in tarda serata.
Costa Crociere ribadisce inoltre di essere “in stretto contatto con il ministro degli Affari Esteri, le autorita’ locali di sicurezza, il comandante di Costa Fascinosa, e l’agente portuale locale per monitorare la situazione e seguire la sua evoluzione“. La società armatoriale “esprime la propria vicinanza a tutte le persone coinvolte nei tragici eventi e alle loro famiglie”.
Certo che la strage del Museo Bardo (il più grande del Medio Oriente, ricco di reperti e mosaici romani), è stata per i quarantamila tunisini che vivono in Sicilia un momento terribile. La loro preoccupazione maggiore è che l’attentato di ieri sia solo il primo di tanti, che le minacce dell’Isis dei mesi scorsi siano adesso diventate realtà.
Sami Ben Abdelaali, consulente del presidente della Regione Rosario Crocetta, è uno dei punti di riferimento della comunità tunisina in Sicilia. Il suo cellulare non ha smesso un secondo di squillare per tutto il pomeriggio: a chiamarlo, molti connazionali che vivono nell’Isola, ma anche amici e parenti in Nordafrica.
A Repubblica.it ha rilasciato questo commento:
“Ho sentito la testimonianza di una guida turistica che raccontava come i terroristi fino a qualche minuto prima fossero seduti ad un bar bevendo tranquillamente. Avevano le borse accanto e in un secondo sono entrati in azione con una fredtidhar dezza incredibile”.
La speranza per Ben Abdelaali è riposta tutta nell’emancipazione del popolo tunisino: “Siamo una nazione matura, piena di intellettuali, capace di mantenere forti le radici della cultura araba, aprendosi allo stesso tempo all’Occidente. Purtroppo la Primavera araba è stato un processo troppo poco graduale, che alcuni paesi non sono riusciti a gestire. Prima con il pugno duro contro il fondamentalismo non c’era il pericolo terrorismo”.