I primi atti del nuovo Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sono stati emblematici e, nonostante si conceda poco alle telecamere e alle interviste, ci appare un grande comunicatore, nuovo nello stile istituzionale e inusuale nell’era dei social. Meno parolaio ma concreto.
Sono bastate poche uscite per avere prova di un Capo dello Stato che ha comunicato, senza eloquio e enfasi, come intende contrassegnare la sua presidenza.
Tre decisioni “comunicano” perfettamente la sua azione.
La prima: Mattarella non ha intenzione di rinunciare alla sua vecchia abitudine di rientrare, ogni due settimane, nella sua città d’origine – Palermo – per stare vicino alla sua famiglia e rendere visita nel cimitero di Castellammare del Golfo alla tomba della moglie che ha perso tre anni fa. E lo farà come un comune cittadino, viaggiando con un normale volo di linea, senza fare ricorso ad un volo di Stato.
La seconda: la scelta di aprire tutti i giorni il Quirinale agli italiani che è la sede della presidenza della Repubblica ma anche la casa di tutti gli italiani. Il suo obiettivo finale è di aprire tutte le 1200 stanze del Quirinale per trasformarlo in una sorta di Museo, sul modello del Palazzo Reale di Madrid che nel 2014 ha raccolto oltre un milione di visitatori.
La terza: la decisione di scegliere un segretario generale alla Presidenza della Repubblica già in pensione che non prenderà un euro in più rispetto al suo assegno di quiescenza come stabilisce anche il decreto Madia, che prevede incarichi non onerosi per i dirigenti pensionati.
Tre esempi che tratteggiano la figura di Sergio Mattarella che, seppure non comunica sui social network e non eccede nella comunicazione verbale, ha scelto una comunicazione dei “gesti” che sembra funzionare bene in queste prime settimane di presidenza anche nel riallacciare il rapporto incrinato col popolo, con la gente comune che non ama l’ostentazione del potere e, a volte, per reazione, sceglie l’antipolitica e l’istrionesco comportamento dei suoi rappresentanti. Mattarella ha deciso di parlare con i gesti e con le azioni concrete senza ricorrere all’effetto annuncio e poi ad enfatizzare la scelta, ma limitandosi a comunicare attuando la sua azione.
Come ha fatto mettendosi in fila all’imbarco del volo di linea Roma-Palermo oppure affrontando il suo primo viaggio istituzionale a Firenze col treno e trasferendosi a Scandicci in tram.
È un modo nuovo di comunicare, sullo stile di Papa Francesco, che punta a ricucire un rapporto di fiducia tra il Paese legale (composto dai rappresentanti delle Istituzioni) e il Paese reale (formato dalla gente comune).
E questa scelta di Mattarella, comunicatore silenzioso ma efficace, non mi sorprende perché conferma il giudizio che mi ero fatto di lui, molti anni fa, nei convegni della Sinistra di Base della Democrazia Cristiana, quando l’ho conosciuto grazie all’amicizia e alla vicinanza ideologica e culturale che lo legava ad Emanuele Giudice. Non un affabulatore ma uno statista, un po’ sciasciano e un po’ moroteo. Silenzioso come Sciascia che ha privilegiato l’Antimafia non professionista nonostante fosse stato colpito nei suoi affetti più cari con la perdita del fratello Piersanti ucciso dalla mafia e che sarebbe potuto diventare uno dei tanti professionisti dell’Antimafia che lo scrittore di Racalmuto bocciò senza mezzi termini.
Moroteo invece per quel senso ‘dolorista’ come il presidente della Dc ucciso dalle Brigate Rosse che si trincerava nella solitudine e nella malinconia ma capace di stabilire una immediata connessione sentimentale con le persone.
Un Presidente comunicatore, ma non di parole. Solo di gesti concreti.