Penali e contratti bloccati in materia di telecomunicazioni? Sembra proprio di no.
Negli ultimi giorni sono apparse notizie sul fatto che gli utenti di telefonia mobile e fissa sarebbero tornati a fare i conti con un iter burrascoso in caso di recessione dal contratto. Iter che una delle “famose” lenzuolate liberalizzatrici della legge Bersani del 2006 aveva scongiurato.
Andiamo con ordine.
Nel disegno di legge governativo sulla Concorrenza, (qui il .pdf) al vaglio del Consiglio dei Ministri, in molti hanno riscontrato, nello specifico nel comma 3 dell’articolo 16, la reintroduzione del principio secondo il quale la penale dovrebbe essere sia equa che proporzionata al valore del contratto e alla durata residua della promozione oggetto dell’offerta.
I consumatori italiani potrebbero dunque essere nuovamente obbligati a pagare una sanzione nel caso in cui decidano di cambiare operatore e quindi di disdire prima della scadenza prevista dal proprio contratto con un provider che potrebbe durare anche 24 mesi?
Oggi, l’operatore dovrebbe limitarsi a richiedere una sorta di indennizzo per la disattivazione del servizio e non sarebbero invece previste né applicabili delle vere e proprie penali.
Sulla questione è dovuto intervenire anche il Ministero dello Sviluppo economico che, proprio sul punto controverso del ddl Concorrenza, ha spiegato: “Nessuna penale per cambio gestore. La norma cerca di definire meglio i limiti delle penali ‘già esistenti’ per il recesso da offerte e promozioni”.
Ma le preoccupazioni delle associazioni a tutela dei consumatori restano. “Si tratta di una ipotesi che ovviamente ci vede contrari”, ha dichiarato Samantha Nicosia di Confconsumatori Ragusa. “Perché andrebbe a ledere la libertà degli utenti di cambiare operatore, scoraggiandoli, anche nel caso di disservizi evidenti”.
E anche Altroconsumo conferma il rischio di resuscitare le penali nel settore delle comunicazioni: “Il comma 3 del ddl in questione”, si legge in una nota : “dice esplicitamente che le spese e ogni altro onere comunque denominato relativi al recesso o al trasferimento dell’utenza ad altro operatore sono commisurati al valore del contratto al momento della sottoscrizione quando, invece, secondo la legge vigente, gli unici costi che l’operatore può recuperare sono i costi tecnici vivi per operare lo switching e il recesso”.
Insomma, l’intervento del Mise conferma l’assunto che “smentire una notizia, è come darla due volte”.