Nuovi autori 80enni crescono, a Ragusa.
Ricordate il libro Terramatta di Vincenzo Rabito, ex bracciante siciliano, nato a Chiaramonte Gulfi nel 1899 (da cui è poi stato tratto il film-documentario Terramatta; Il Novecento italiano di Vincenzo Rabito analfabeta siciliano, vincitore di un Nastro d’argento nel 2013)?
Ecco, domani potrebbe ufficialmente cominciare lo stesso percorso letterario per un altro scrittore dalla vastissima cultura popolare. Sarà infatti il contadino Carmelo Campanella, 84enne, il primo ospite della rassegna “Lib(e)ri a Ragusa” dedicata agli autori, scrittori e case editrici locali.
Sul tema “Fra storia orale e poesia popolare”, Carmelo Campanella, che ha vissuto e lavorato in campagna, sarà intervistato da Chiara Ottaviano, la storica che per prima ha parlato di lui nell’Archivio degli Iblei.
Campanella negli anni ha incamerato un tesoro sterminato di tradizioni, preghiere e leggende popolari, diventando una fonte di memoria e di cultura popolare. Gli studiosi (a cominciare da Gianni Guastella, ordinario di Lingua e Letteratura latina all’Università di Siena) lo hanno scoperto proprio quando ha cominciato a trascrivere le storie, le canzoni, le preghiere quasi tutte in dialetto siciliano.
Le ha raccolte dalla tradizione orale, sotto forma di “cunti”, le ha memorizzate e dal 2000 – dopo un viaggio in pullman verso Roma per il Giubileo, durante il quale ha scoperto di avere l’enorme talento per il racconto – le va trascrivendo. All’inizio Campanella ha composto lunghe strisce di carta ricavate dai sacchi vuoti del mangime, che chiamava “il papiro”.
Proprio da Rabito, Campanella pare abbia trovato ispirazione e ha ripreso il suo linguaggio con l’obiettivo di proporre un modello del passaggio dall’oralità alla scrittura e al web.
Perché è vero che il contadino di Ragusa ha usato i sacchi di mangime come “papiri” ma è anche vero che, lasciata la campagna, è diventato un navigatore di internet.
Come racconta proprio Chiara Ottaviano, descrivendo il suo incontro con l’autore:
La prima volta che sono andata a trovarlo ero animata da un sentimento di profondo rispetto per l’anziano contadino, che con la sua quinta elementare aveva avuto il coraggio di misurarsi con “l’impresa scrittoria”, ma nutrivo anche una certa diffidenza per quel testo da lui firmato ricevuto via posta elettronica tramite Elisa, la figlia laureata nella facoltà di Lingue. Chi aveva scritto al computer con così tanta sicurezza, passando dal dialetto a un italiano fin troppo forbito?
“Io, perché?” mi ha risposto il sig. Campanella.
“Lei sa usare il computer?”, ho insistito con manifesta incredulità.
“Certo! È più facile della macchina da scrivere!”.
“Perché lei ha una macchina da scrivere?”
“Sicuro! L’ho comprata a rate. L’ho lasciata in campagna”. E in campagna, ha aggiunto ridendo, c’è ancora il “papiro” che mia moglie voleva bruciare nella stufa.Che cosa fosse il “papiro” lo avremmo scoperto da lì a poco. Nella rimessa della casa in campagna, in fondo a un vecchio baule, arrotolati e legati con lo spago, sono comparse le prime “pagine” scritte a mano: lunghe strisce di carta ricavate dai sacchi vuoti del mangime. Avere fra le mani il “papiro” è stato come toccare materialmente qualcosa che assumeva simbolicamente il senso del passaggio dall’oralità alla scrittura.
(continua a leggere su l’Archivio degli Iblei).
Altri curiosi aneddoti e cunti popolari, c’è da scommettere, saranno svelati giovedì 26 durante l’incontro all’auditorium della Camera di Commercio di Ragusa, a partire dalle 18.00.