La liquidazione del danno morale prescinde da quella del danno biologico. Lo ha stabilito la Cassazione

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La liquidazione del danno morale prescinde da quella del danno biologico”.

Il superiore principio è stato, di recente, ribadito dai Giudici di Palazzo Spada con sentenza n. 811 depositata in cancelleria in data 20 gennaio 2015 i quali hanno affermato che, anche se il danno biologico viene considerato e valutato come “lieve”, non significa che il danno morale non vada valutato ex se e che possa essere invece di notevole rilevanza.

La vicenda sottoposta al vaglio della Consulta aveva ad oggetto un risarcimento danni richiesto alla compagnia assicurativa dai genitori e dalla sorella di un ragazzo investito da un’autocisterna mentre era alla guida del proprio ciclomotore. I congiunti, vedendosi ridurre, dalla Corte d’Appello di Napoli, di oltre la metà la somma liquidata dal giudice di primo grado ( da circa 354 mila a 171 mila euro), adivano la Cassazione denunciando “la determinazione della misura del danno morale subito dalla vittima in rapporto al danno biologico. Insufficiente e contraddittoria motivazione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2059 c.c.”.

La Cassazione è d’accordo con loro ed ha accolto il superiore motivo di ricorso.
Richiamando l’indirizzo già in precedenza affermato dalle Sezioni Unite l’11 novembre 2008, nelle storiche sentenze di San Martino, i giudici di piazza Cavour hanno evidenziato come in numerose fattispecie, “pur non sussistendo un significativo danno biologico, sussiste invece un rilevante danno morale, ragione per la quale la valutazione del danno morale va operata caso per caso e senza che il danno biologico possa essere un riferimento assoluto”.

Tra queste rientra, per la Consulta, il caso in esame laddove in presenza di un danno biologico “lieve”, il danno morale, “derivante dalla consapevolezza dell’incombere della propria fine è invece altamente significativo e, pertanto, deve ritenersi “del tutto svincolato da quello più propriamente biologico e postula una ben diversa valutazione sul piano equitativo, sub specie di una più corretta valutazione della intensissima sofferenza morale della vittima”.

Per cui, dato che la Corte territoriale non si è attenuta a tali principi quantificando il risarcimento dovuto per tale voce di danno e liquidando agli aventi diritto una cifra “del tutto irrisoria”, la Cassazione ha accolto il ricorso e cassato la sentenza impugnata.

In conclusione, considerando la rilevanza sul piano risarcitorio del pronunciamento di cui sopra, ci auguriamo solo che lo stesso venga “prudentemente” applicato e non diventi l’occasione per lucrare – essenzialmente in danno delle società assicurative- in caso di disgrazia!