Appropriazione indebita: sono legittime le telecamere nascoste per “beccare” i prelievi della cassiera

70

Con questo articolo, inizia la sua collaborazione con Ragusah24.it l’avvocato Roberta Gariddi del Foro di Catania, che su queste nostre pagine on line terrà una rubrica specifica sull’applicazione di norme e leggi nella vita quotidiana.

Nel caso sottoposto all’esame della Consulta, la cassiera di un supermercato ha impugnato la sentenza emessa in suo danno in data 28/2/2014 dalla Corte di appello di Ancona con la quale – in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Ancona – la Corte aveva riqualificato il fatto come appropriazione indebita aggravata anziché furto, riducendo, di conseguenza, la pena inflitta dal Giudice di prime cure.

La prova della condotta criminosa imputata alla cassiera era stata fornita durante lo svolgimento del giudizio di primo grado dal proprietario del supermercato che, attraverso le riprese video di telecamere fatte installare all’interno del negozio a seguito del rilievo di alcuni ammanchi, è riuscito a riprendere chiaramente la dipendente mentre prelevava indebitamente delle somme dalla cassa.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso in Cassazione l’imputata per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando un unico motivo di gravame con il quale deduce inosservanza di norme processuali, eccependo l’inutilizzabilità delle video riprese effettuate dal suo datore di lavoro per violazione degli artt. 4 e 38 dello Statuto dei diritti dei lavoratori che, rispettivamente vietano l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori e comminano le sanzioni conseguenti.

In particolare la cassiera si duole che il proprietario del Supermercato abusivamente aveva installato una telecamera nascosta nel suo negozio, non avendo alcuna percezione di indebite apprensioni di somme di denaro.

La nostra Suprema Corte però, ha ritenuto il ricorso infondato evidenziando come, la giurisprudenza delle Sezioni penali della Corte è pacifica nell’ammettere l’utilizzabilità nel processo penale delle videoriprese effettuate con telecamere installate nei luoghi di lavoro per accertare comportamenti potenzialmente delittuosi.

È stato statuito, infatti, che sono utilizzabili nel processo penale, ancorché imputato sia il lavoratore subordinato, i risultati delle videoriprese effettuate con telecamere installate all’interno dei luoghi di lavoro ad opera del datore di lavoro per esercitare un controllo a beneficio dei patrimonio aziendale messo a rischio da possibili comportamenti infedeli dei lavoratori, perché le norme dello Statuto dei lavoratori poste a presidio della loro riservatezza non fanno divieto dei cosiddetti controlli difensivi del patrimonio aziendale e non giustificano pertanto l’esistenza di un divieto probatorio (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20722 del 18/03/2010 Ud. (dep. 01/06/2010 ) Rv. 247588; Sez. 5, Sentenza n. 34842 del 12/07/2011 Ud. (dep. 26/09/2011 ) Rv. 250947) .

In conclusione, è stato accertato come lo svolgimento dei fatti dimostra in modo inequivocabile che le videoriprese sono state finalizzate, non al controllo dei lavoratori a distanza, come vietato dalla Statuto dei lavoratori, bensì alla difesa dei patrimonio aziendale attraverso la documentazione di attività potenzialmente criminose.

Pertanto i risultati delle videoriprese non possono considerarsi prove illegali, illegittimamente acquisite, ex art. 191 cod. proc. pen., bensì prove documentali, acquisibili ex art. 234 cod. proc. pen.

E dunque, se l’obiettivo è quello di accertare comportamenti delittuosi, le videoriprese effettuate con telecamere installate sui luoghi di lavoro sono legittime e utilizzabili nel processo penale, con buona pace di tutti i lavoratori, ulteriormente sollecitati alla “fedeltà” nei confronti dei propri datori di lavoro!