Un siciliano al Colle: chi è Sergio Mattarella, il dodicesimo Presidente della Repubblica

7

Alla quarta votazione (quorum fissato a 505 voti), nella mattinata di sabato 31 gennaio 2015, è stato eletto il dodicesimo Presidente della Repubblica italiana.

E, con 665 voti, è stato eletto – dopo una manovra politica abile e cinica, da parte del premier Matteo Renzi che ha puntato tutto su di luiSergio Mattarella.
Ecco chi è il nuovo inquilino del Quirinale che succede a Giorgio Napolitano.

Palermitano, classe 1941, Sergio Mattarella è vedovo e ha tre figli (uno di loro, ha fatto politica in Sicilia ed è stato candidato alle primarie per la segreteria regionale nel 2009 appoggiato da Bersani; un altro, invece lavora da diversi anni al ministero della Funzione pubblica e ora è capo dell’ufficio legislativo di Marianna Madia).
Dal 2011 giudice della Corte Costituzionale, viene da una famiglia di tradizione democristiana. Il padre, Bernardo fu tra i fondatori della Dc siciliana, deputato alla Costituente e ministro dei Trasporti, del Commercio Estero e delle Comunicazioni tra la metà degli anni ’50 e ’60.

Anche il fratello Piersanti aveva intrapreso la carriera politica riuscendo in poco tempo ad arrivare alla carica più alta della regione e mettendo al primo posto la lotta alla mafia e alla corruzione. Proprio per questo, mentre era governatore della Sicilia, il giorno dell’Epifania del 1980, quando era appena quarantacinquenne fu brutalmente ucciso da un agguato a colpi di pistola da parte di Cosa Nostra.

Da quel dramma Sergio trovò la voglia di far veramente politica e non dimenticò mai di tenere alta la guardia contro le cosche. Silenzioso, abilissimo mediatore, a volte tagliente, misuratissimo con le parole, le vocalizza in sussurro che costringe gli interlocutori ad avvicinarsi.

Tre anni dopo Mattarella, già avvocato e docente di diritto parlamentare all’università di Palermo, viene eletto deputato con la Dc, dove militava nella corrente di Aldo Moro.

Buona parte della sua storia si era già svolta a Roma dove per impegni di governo del padre aveva vissuto e compiuto tutti gli studi. Tornò a Palermo per amore perché sposò Marisa, sorella di Irma già moglie di Piersanti.

Nel 1987 entro nel Governo alla guida del ministero dei Rapporti con il Parlamento, prima nell’esecutivo De Mita, che lo rispedì in Sicilia a bonificare la Dc di Lima, che poi in quello Goria.

Nel 1990, motivò in Tv le sue esplosive dimissioni contro la legge Mammì ma sembrava che uscisse dal Governo Andreotti, dove era stato Ministro della Pubblica Istruzione, per farsi una bella passeggiata: “Naturalmente voteremo la fiducia”, disse. Vice-premier era Claudio Martelli “ma questo non significa che non abbiamo fatto bene a dimetterci dal governo. C’è una direttiva comunitaria e – aggiunse impassibile mentre spiegava il suo dissenso a una norma che fu definita “salva-Fininvest – abbiamo ritenuto inammissibile porre la fiducia su una norma che di fatto entra in contrasto con una decisione comunitaria. Sarebbe stato singolare non dimettersi”.

Dopo Tangentopoli, fu alla guida del rinnovamento democristiano. Tra il ’92 e il ’94 è direttore del ‘Popolo’, il quotidiano del partito e dopo la frammentazione Dc è tra i promotori del Partito popolare italiano.

Fu relatore delle leggi di riforma del sistema elettorale della Camera e del Senato che, recependo l’esito del referendum del 1993, introducevano una preponderante componente maggioritaria. La legge Mattarella fu impiegata per le elezioni politiche del 1994, del 1996 e del 2001. La sua anima di “sinistra” non ebbe mai tentennamenti e solo Rocco Buttiglione riuscì a fargli alzare di un decibel i toni dell’eloquio facendo intravedere una vena umoristica.

Nel 1995, al culmine dello scontro interno al PPI, definì il segretario Buttiglione, che ostinatamente cercava l’alleanza con la destra berlusconiana, “el general golpista Roquito Butillone”. Poi, subito più serio, diede corpo alle sue convinzioni più radicate definendo “un incubo irrazionale” la sola ipotesi che Forza Italia potesse essere accolta nel Partito Popolare Europeo.

Ma con Berlusconi non ci furono mai rapporti diretti e Mattarella espresse le sue posizioni in tempi non sospetti quando spiegò che “non era possibile che chi ha tre reti televisive scenda in politica”. Arrivando poi nel 1995, in pieno “berlusconismo”, a forzare la sua prudenza cosi’: “Dopo il gran premio di Imola, la finale di coppa Uefa, tutte le occasioni e tutte le telecamere sono buone per la Fininvest per scatenare la sua offensiva sui referendum, naturalmente aggirando o forzando le norme che regolano le campagne elettorali. La spregiudicatezza con cui si muovono gli uomini Fininvest – disse senza peli sulla lingua – è la prova lampante di quali siano gli interessi realmente in gioco”.

Nel 1996, con la vittoria elettorale dell’Ulivo guidato da Romano Prodi divenne capogruppo dei popolari alla Camera e diventò vicepresidente del Consiglio quando, dopo la caduta di Prodi, l’incarico venne assunto da Massimo D’Alema. Nei secondi governi D’Alema e Amato, Sergio Mattarella è ministro della Difesa.
In questi anni seppe farsi conoscere a Washington quando sostenne con convinzione la delicata partecipazione dell’Italia all’operazione Allied Force, con la quale la NATO era intervenuta nella guerra del Kosovo. In quel periodo si varò anche una riforma molto attesa dagli italiani: l’abolizione del servizio di leva obbligatorio.

Nel 2001 fu nuovamente eletto deputato nelle liste della Margherita e riconfermato a Montecitorio nel 2006 per la lista dell’Ulivo carica che ha ricoperto fino al 2008.

Il 22 aprile 2009 è stato eletto dalla Camera dei Deputati componente del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa. Il 5 ottobre 2011 il Parlamento in seduta comune lo ha eletto giudice della Corte costituzionale alla quarta votazione con 572 voti, uno più del quorum richiesto.

Sono state 63, tra ordinanze e sentenze, le pronunce costituzionali che ha stilato in qualità di relatore. L’ultima pronuncia, depositata due giorni fa, il 27 gennaio, in cancelleria, è quella relativa al referendum abrogativo sulla norma che ha modificato l’assetto delle circoscrizioni giudiziarie, tagliando molti tribunali e procure. Referendum che non è stato giudicato ammissibile dalla Corte.

In occasione dell’elezione del presidente della Repubblica Italiana nel 2013 il suo nome era nella rosa dei candidati che Pier Luigi Bersani sottopose a Silvio Berlusconi, ma gli fu preferito Franco Marini, che poi non fu eletto.

E qui uno dei rarissimi video di Sergio Mattarella:

[youtube]http://youtu.be/VrJ5NTFe3c0[/youtube]