Segnatevi questi nomi. Sono i “grandi elettori” siciliani chiamati a partecipare all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, dopo le dimissioni di Giorgio Napolitano.
Si tratta del presidente dell’Assemblea regionale siciliana Giovanni Ardizzone (classe 1965, messinese, di professione avvocato, eletto con l’Udc); il Governatore Rosario Crocetta (nato a Gela nel 1951, dal 2012 viene eletto Presidente della Regione Siciliana) e il capogruppo all’Ars di Forza Italia Marco Falcone (44 anni, catanese).
Sono stati scelti dagli ottantuno (su 90) deputati presenti alla seduta del Parlamentino siciliano. Per la cronaca, il più votato è stato Ardizzone, con 44 preferenze; a seguire Crocetta con 37 voti e poi Falcone, 31. Primo dei non eletti la giovane (classe 1980) Valentina Zafarana, capogruppo del M5S.
COSA SONO CHIAMATI A FARE?
È l’articolo 83 della Costituzione a stabilire che il Presidente della Repubblica venga eletto dal Parlamento in seduta comune, cioè dai componenti della Camera e del Senato, a cui si aggiungono alcuni delegati eletti dai consigli regionali: ogni consiglio regionale ne elegge tre, a eccezione della Valle d’Aosta che ne elegge uno.
Quindi, l’assemblea che ha il delicato compito di eleggere il Capo dello Stato è composta da:
– 630 deputati (tra cui, per il Sud Est ci sono: il deputato modicano Nino Minardo e l’onorevole ispicese Marialucia Lorefice)
– 315 senatori eletti (tra cui c’è anche la sciclitana Venerina Padua) più i senatori a vita. In questo caso i 5 già nominati (Elena Cattaneo, Carlo Azeglio Ciampi, Mario Monti, Renzo Piano e Carlo Rubbia) più lo stesso Giorgio Napolitano, che torna a essere senatore a vita
– 3 delegati per 19 regioni
– 1 delegato della Valle d’Aosta
Il totale per l’elezione del successore di Napolitano – la prima riunione del Parlamento in seduta comune per l’elezione del prossimo Capo dello Stato si tiene il 29 gennaio 2015, alle 15.00 – sulla carta, è di 1009 persone. Ma è anche possibile che qualcuno non partecipi al voto.
I componenti dell’assemblea – in particolare i delegati regionali – sono spesso chiamati dalla stampa “grandi elettori”: come i nobili che potevano eleggere l’imperatore del Sacro Romano Impero durante il Medioevo e i membri del collegio elettorale che elegge il presidente degli Stati Uniti.
La Costituzione prevede che i delegati regionali siano scelti in modo da assicurare “la rappresentanza delle minoranze”. Di conseguenza, i consigli regionali riservano uno dei tre delegati all’opposizione, mentre gli altri due sono scelti tra le cariche principali degli organi politici regionali.
I NOMI SICILIANI IN CORSA PER IL COLLE
A dire il vero, un siciliano presidente della Repubblica reggente c’è già. Ed è Pietro Grasso, presidente del Senato, che da quando Napolitano ha firmato le dimissioni è anche Presidente supplente della Repubblica. Grasso manterrà l’incarico fino al giuramento del nuovo Capo dello Stato. Si tratterà di una supplenza – secondo la maggior parte dei costituzionalisti – con pieni poteri non trattandosi di dimissioni in semestre bianco. In teoria Grasso potrebbe anche sciogliere le Camere.
Nel gioco, tutto giornalistico, del “toto-nomi”, però, ci sono altri tre candidati siciliani, papabili, per l’elezione del nuovo inquilino del Colle.
Su tutti, circola quello di Sergio Mattarella, giudice della Corte Costituzionale dal 2011 e più volte ministro della Repubblica. Palermitano, 73 anni, ex democristiano, Mattarella porta un cognome importante: è figlio di Bernardo e fratello di Piersanti il presidente della regione assassinato dalla mafia il 6 gennaio del 1980.
Negli ultimi anni gli italiani hanno sentito parlare più che di lui, del suo Mattarellum: la legge elettorale che vide la luce dopo il referendum del 1993 e che segnò la svolta in senso maggioritario porta infatti il suo nome. Molto criticata all’epoca, fu poi largamente rimpianta quando al suo posto fu varato il famigerato Porcellum. Mattarella è stato più volte ministro: per i Rapporto con il Parlamento nei governi De Mita e Goria; dell’Istruzione con Giulio Andreotti, carica dalla quale si dimette nel 1990 in segno di protesta contro l’approvazione della legge Mammì. Sopravvissuto alla fine della prima Repubblica, nella seconda riceve da Massimo D’Alema gli incarichi prima di vicepresidente del consiglio poi di titolare della Difesa e sarà ministro anche del governo Amato. Nel 2001 viene rieletto alla Camera con la Margherita. Riconfermato nel 2006 per la lista dell’Ulivo. Nel 2008, alla caduta del governo Prodi, cessa il suo mandato in Parlamento e dal 2011 è giudice della Corte Costituzionale.
E se fosse, come auspicano molti, venuto il tempo per un Presidente donna? Anche in questo caso una siciliana è pronta allo sprint. Si tratta di Anna Finocchiaro. Nata a Modica 59 anni fa, magistrato, è stata sostituto procuratore a Catania prima di passare in politica e ricoprire, fra l’altro, l’incarico di Ministro per le pari opportunità nel governo Prodi. Stando a quanto dicono i giornali, a Palazzo Madama c’è una consistente e trasversale “lobby” che nelle ultime ore ha proiettato la senatrice siciliana del Pd nella pole position rosa, per la scalata al Quirinale.
Infine, un altro siciliano è stato in queste ore menzionato come candidato. Forza Italia di Silvio Berlusconi ha ufficializzato il nome di Antonio Martino. 72 anni, nato e cresciuto a Messina, già Ministro degli Esteri e della Difesa, Martino è tra i fondatori del partito di Silvio Berlusconi (ha la tessera numero 2). E, nelle intenzioni dell’ex Cavaliere è il candidato ideale dell’area di centrodestra, secondo il criterio – citato da Berlusconi – dell’alternanza, per cui dopo un Presidente espressione della sinistra sia la volta di una figura proveniente dalle fila dei moderati.