Da quando ha fatto capolino, nello Sblocca Italia, quell’articolo (il 38) sulle trivellazioni, sono insorte le associazioni ambientaliste, i comuni (Ragusa, Santa Croce e Scicli sono i tre Comuni iblei che hanno aderito al ricorso al Tar presentato da istituzioni e associazioni) e i cittadini sono scesi in campo a tutela del proprio territorio.
Oggi è toccato anche alla politica e ai partiti regionali.
Ed è stata una seduta di fuoco, racconta La Repubblica, quella della commissione Ambiente dell’Ars guidata dal grillino Gianpiero Trizzino.
All’ordine del giorno, appunto, l’avvio prossimo di nuove trivellazioni per riceche di gas e petrolio in terra e mare di Sicilia. “In pieno accordo con tutti i componenti della commissione” dice il presidente Gianpiero Trizzino: “abbiamo deciso di presentare due norme in aula: la prima per fare ricorso alla Corte costituzionale contro la legge Sblocca Italia, che avvia trivellazioni in terra e mare, e una seconda norma per lanciare il referendum abrogrativo contro il via libera alle ricerche petrolifere: la Sicilia può essere capofila delle cinque Regioni necessarie a chiedere il referendum, lo stesso che abbiamo lanciato per il nucleare”.
Gli articoli 36 e 38 dello Sblocca Italia, che vorrebbe valorizzare le risorse energetiche nazionali, si limita invece alle soli fonti fossili dimenticando completamente le rinnovabili che dovrebbero essere il traino del piano energetico nazionale. Facile intuire che gli effetti di questo decreto sulla Sicilia e sui siciliani, che vivono circondati dal mare, sono ancora più gravi perché confliggono in maniera evidente con le attività turistiche e quelle legate alla pesca, settori fondamentali per lo sviluppo economico della nostra regione.
Non solo. Scrive Repubblica che in un breve passaggio del testo si punta il dito anche sulle Regioni per le trivelle sulla terraferma: se entro il 31 dicembre queste non daranno risposte alle richieste di autorizzazione giacenti, la documentazione andrà inviata al ministero dell’Ambiente per “i seguiti istruttori di competenza”. In sintesi, lo Stato minaccia di subentrare alle Regioni nell’iter autorizzativo su concessioni per ricerche ed estrazioni di gas e petrolio sulla terraferma. E anche se la Sicilia è a Statuto autonomo, e potrebbe forse impugnare questa norma, all’assessorato Territorio e ambiente c’è molta preoccupazione.
Anche perché la lista di domande giacenti per trivellazioni in terra è lunga e si aggiunge ai pareri che comunque la Regione deve emettere sulle ricerche in mare: un esercito di petrolieri è a caccia di un tesoro nascosto nel sottosuolo siciliano, in terra e nel mare a pochi chilometri dalla costa.
E oggi un gruppo di attivisti di Greenpeace ha messo in scena una protesta pacifica presso una piattaforma di estrazione di idrocarburi, la Prezioso di Eni Mediterranea Idrocarburi, nel Canale di Sicilia, al largo della costa di Licata.
Con l’appoggio della nave Rainbow Warrior, a bordo di gommoni, una decina di attivisti ha scalato la piattaforma aprendo uno striscione di 120 metri quadri su cui è raffigurato il presidente del Consiglio Matteo Renzi che promette “PIÙ TRIVELLE PER TUTTI”, accompagnato dalla richiesta di Greenpeace “STOP FOSSIL, GO RENEWABLE”. Altri attivisti si trovano su una zattera di salvataggio gonfiabile che hanno ancorato alla piattaforma.
Sulla zattera si leggono altri messaggi che chiedono di abbandonare le fonti fossili, fermare le trivelle e scegliere le energie rinnovabili.