Da oltre quarant’anni non può più usare il pozzo che gli appartiene e, dopo tentativi di conciliazione, trattative, cause e ricorsi, non sa più a chi rivolgersi per ottenere giustizia.
La controversa storia del pozzo del signor Pietro Alfieri, in contrada Recupero, alla periferia di Pozzallo, inizia nel lontano 1971: “La trivella era di mio zio”, racconta: “che si sentì in dovere di informarne il Comune quando si verificò l’inquinamento dell’acquedotto che aveva lasciato la città senza fornitura idrica. Il vantaggio di questo pozzo era di trovarsi ad appena 50 metri dall’acquedotto comunale e quindi di poter essere facilmente collegabile, fornendo acqua potabile.
Il Comune lo prese per due anni, nel ’73 mio zio tentò di riprenderselo, ma il pozzo fu di nuovo requisito per ragioni di pubblica utilità, senza che però venisse riconosciuto alcun indennizzo. Mio zio fece causa e la vinse, il Comune fu condannato a restituire il pozzo, ma sono passati quarant’anni, mio zio è morto e il pozzo non ce l’hanno ancora ridato”.
Il signor Alfieri, classe 1949, ha ereditato insieme al fratello questa proprietà, all’interno della quale ci sono ben due pozzi: uno è quello che nei fatti rifornisce l’acquedotto del Comune di Pozzallo, l’altro sarebbe in teoria nella disponibilità della famiglia ma a quanto pare non è possibile disporre nemmeno di questo. “Quando abbiamo chiesto l’autorizzazione per poter usare almeno questo pozzo”, spiega Alfieri: “ci hanno detto che nel raggio di un chilometro dai pozzi iscritti nella rete degli acquedotti non è possibile attingere acqua. Siccome questo si trova a 350 metri non lo possiamo usare. Oltre al danno, subiamo la beffa!“.
Peraltro, prosegue Alfieri: “Non mi spiego come il Comune possa aver ottenuto dal Genio civile l’iscrizione di questo pozzo, dato che formalmente non ne è il proprietario. Allo stesso modo il Comune non ha mai avuto alcun titolo per ottenere l’allaccio di energia elettrica, tuttavia l’ha ottenuto”.
Nel corso degli anni, ci sono stati diversi tentativi di trattativa con il Comune di Pozzallo, che però lamenta Alfieri: “Si tira indietro ogni volta che si discute di riconoscerci un affitto o un indennizzo o semplicemente di comprare il pozzo”.
“Per me”, spiega ancora il signor Alfieri: “non si tratta più nemmeno solo di un fatto personale. Vedo infatti che c’è un serio problema per la collettività, dato che il Comune si limita ad usare questo pozzo ma si disinteressa della sua manutenzione: l’impianto non rispetta alcuna delle norme igienico-sanitarie che sarebbero previste dalla legge, è circondato dalle erbacce e l’area di rispetto non è recintata e perciò è spesso invasa dagli animali.
Questa situazione l’ho denunciata più di una volta, ne ho informato il Prefetto e la Procura, anche attraverso un video che testimonia le pessime condizioni igienico sanitarie in cui è stato abbandonato. Insomma ho fatto tutto ciò che può fare un cittadino in questi casi. Ciò di cui non mi capacito”, continua il signor Alfieri: “è che altri pozzi sono stati regolarmente acquistati e messi in sicurezza, mentre il nostro è stato lasciato in questo degrado e per lo più, per ottenere il riconoscimento dei nostri diritti, siamo stati costretti a fare un’altra causa su cui attendiamo ancora la decisione della Cassazione“.
“Tutto quello che chiedo” conclude nel suo appello il signor Alfieri: “è che finalmente al Comune di Pozzallo sia ordinato di rientrare nella legalità o che il Comune lo faccia spontaneamente, acquistando il pozzo e successivamente adeguandolo alle norme di legge, con il Genio civile e l’Asp”.