Il documento conclusivo di Giovanni Denaro a commento della festa de “L’unità” ( o della dis-Unità?), un flop vero e proprio in termini di presenze, voleva forse avere un tono conciliatorio, ma quando si è innescata la miccia è difficile spegnere il fuoco della polemica, tanto meno con qualche facile annuncio.
Lunedì c’è stato un primo incontro dei circoli dissidenti, quelli che ormai sono in rotta con il segretario provinciale. Un esponente di spicco, Peppe Calabrese, “sfida” Denaro: “Porti un documento in assemblea e chieda la fiducia. Non può dire che la Festa è andata male perchè il partito a Ragusa è spaccato. È spaccato in mezza provincia. Prima dice che chi non è d’accordo può andarsene, poi dice altre cose. Una cosa è certa: non non ce ne andiamo“.
In realtà, se non è un addio, è un “trasloco”. Un trasloco vero, però, pare che il primo circolo sia stato inanto costretto a farlo. Ed è lo stesso Calabrese ad annunciarlo via Facebook. “Coordinamento cittadino del circolo Pippo Tumino riunito al Centro Studi Feliciano Rossitto. Grazie a chi ci ospita. Dovete sapere che siamo il circolo più numeroso della provincia e siamo stati cacciati dalla sede…“.
E Calabrese attribuisce a Denaro e al suo entourage questa decisione, giudicandola arrogante e vergognosa.
Tornando alla riunione di lunedì, per rispondere a Denaro era stato già abbozzato un primo documento, che sembrava porgere la mano, avviando una serie di iniziative comuni.
Poi però, i segretari di otto circoli hanno diramato una nota in cui dicono, sostanzialmente: “andiamo avanti da soli”. Si tratta dei rappresentanti dei circoli “Pippo Tumino” e “Rinascita democratica” del capoluogo, del Pd di Modica e Scicli, del costituendo circolo “John Fitzgerald Kennedy” di Ispica e dei circoli Pd di Monterosso Almo, Giarratana ed “Enrico Berlinguer” di Chiaramonte Gulfi.
“Tutti”, si legge nel documento “si rifanno alle posizioni della senatrice Venerina Padua e in ambito nazionale all’area Renzi e all’area Dem che, alle primarie dello scorso 8 dicembre, hanno fatto risultare quella di Ragusa, ancora una volta, la provincia più renziana del Mezzogiorno”.
I toni utilizzati non lasciano spazio a equivoci sul punto di non ritorno a cui è giunta la querelle all’interno del Partito democratico della provincia di Ragusa.
“La Politica, quella con la P maiuscola”, dicono i rappresentanti degli otto circoli “è la migliore risposta al crescendo di provocazioni interne, culminate con le affermazioni improvvide di un segretario provinciale ‘dimezzato’, forse eccessivamente nervoso per il clamoroso flop di una festa che dell’Unità aveva solo l’arbitrario ricorso ad un brand storico e prestigioso, nonostante il soccorso di leader privi di attualità.
All’arroganza e all’incapacità di confronto democratico, i segretari di otto circoli e la parlamentare nazionale che ha vinto le primarie oppongono un Pd che non condivide una visione del partito ipparino-centrica, che è lontano da pratiche politiche fondate su prevaricazioni, mancato rispetto delle regole, confronto degenerato in scontro fisico e morale. Perché Denaro ha affermato ‘Se ne vada chi dissente’, salvo poi fare retromarcia e proporre lo specchietto per le allodole della pacificazione?”.
Gli otto segretari dissidenti sembrano dunque chiudere la porta in faccia, anche se lasciano uno spiraglio aperto. “Non venendo meno al profondo senso di responsabilità che li anima, gli otto circoli” conclude la nota “sono sempre disponibili a raggiungere una sintesi politica seria che tenga conto delle pluralità culturali e territoriali del Pd, facendo appello all’unità e alla capacità di condivisione di ognuno”.
In questo contesto, il Pd ragusano rimane spaccato, con il secondo circolo, quello che fa riferimento al senatore Gianni Battaglia, che segue la linea della segreteria provinciale.
Rimane, comunque, un’area assai minoritaria in città, con una scarsa, se non inesistente, presenza giovanile.
La dimostrazione proprio alla Desta de l’Unità, dove i numeri e le presenze offrono da soli la fotografia di un partito che “sbanca” in termini di consensi, come alle Europee, ma che nelle articolazioni territoriali non è neppure l’ombra della sinistra degli anni d’oro.