“Stavo per morire, ora lotto con i clisteri di caffè bio”. La storia di Concetta, parte terza

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Il giorno in cui, per l’ultima volta, Concetta Roccaforte entra in una sala operatoria, sono passati quasi 4 anni da quando ha scoperto di avere un carcinoma sieromucinoso.
Da allora, ad esclusione di brevi parentesi, la sua vita è stata un calvario fatto di esami, chemioterapia e interventi chirurgici.

6 agosto 2013: l’intervento al fegato va bene e anche il decorso post operatorio è relativamente veloce. Data la sua allergia al platino, i medici mettono a punto una chemioterapia che non lo preveda e lei si prepara psicologicamente al nuovo supplizio. Ma si è mai, davvero, psicologicamente preparati?
“No, è come andarsene piano piano, facendosi torturare”, confessa: “viene la voglia di mollare tutto perché si finisce per pensare che non serva a nulla, se non ad allungare la vita di poco. Io non la volevo nemmeno ricominciare la chemio, infatti una seduta puntuale questa volta non l’ho fatta, c’era sempre qualcosa che me lo impediva e c’è stato un momento in cui ho pensato che non ce l’avrei fatta a superarla. Allora, dopo la terza seduta, mi hanno diminuito il dosaggio”.

Sarà stato per questo, o forse per la mancanza dei componenti del platino, fatto è che nell’aprile scorso Concetta si sottopone ai controlli finali e il risultato è raggelante: i markers sono di nuovo aumentati e le nuove metastasi sono già lì.
“Sono all’inguine, sia a destra che a sinistra, sotto le ascelle e tutto intorno all’addome. Contro queste sto lottando, se nel frattempo non se ne sono aggiunte altre!
A quel punto sono subentrate davvero la rabbia, la disperazione e la voglia di lasciar perdere tutto. Non si può descrivere a parole quello che si prova quando si sa che si sta andando verso morte certa e che tutte le strade sembrano portare esclusivamente lì. Solo chi l’ha vissuto lo può immaginare”.

E allora la forza e il sorriso dove si ritrovano?
Io li ho trovati in Dio, nella mia fede. Il fatto è che, nella mia vita, ho sempre lottato contro cose che, all’epoca, sembravano irrisolvibili, ma davanti alla morte non sta a me decidere. Così mi sono aggrappata a Lui, che se vuole può guarire un cancro terminale come un raffreddore, e mi piace pensare che se ho scoperto Gerson è perché Lui l’ha voluto.

Cos’è scattato in te, in quel momento, quando hai capito che, in pratica, tutta la sofferenza era stata inutile?
Dalla disperazione è emersa la voglia di sopravvivere. C’era anche prima, ma era nascosta dalla paura. Quando, però, ti rendi conto che non hai più nulla da perdere, scatta anche la voglia di lottare contro il tempo e di trovare una soluzione.

Soluzione che per i medici ha, ancora una volta, un solo nome: chemioterapia. Impossibile operare di nuovo, dati il numero e la vastità delle aree interessate dalle metastasi. Concetta, però, pensa già ad altro e punta all’inserimento in qualche programma sperimentale. Informandosi, ne trova uno all’Istituto Nazionale Tumori di Milano e tre giorni dopo è già là, con in testa ancora le parole dei medici: “Signora, se non riprende la chemio non arriverà nemmeno a veder sposare sua figlia, nel giugno 2015”.

“Insomma, mi hanno dato un anno di vita. Arrivo a Milano terrorizzata, ma una dottoressa sembra aprirmi uno spiraglio. Mi avrebbe inserita nel programma sperimentale, ma a due condizioni. 1) Avrei dovuto superare 4 dei 6 cicli di chemio previsti. 2) Nella nuova chemio doveva essere reinserito il platino perché, carte alla mano, si era visto che proprio l’elemento che poteva uccidermi era quello che mi dava più risultati. Senza di quello inutile anche avvelenarmi con gli altri farmaci. Sugli effetti collaterali dell’allergia la dottoressa mi tranquillizza, dicendomi che prima di ogni ciclo mi avrebbe sottoposta ad un pretrattamento a base di cortisone e antistaminico. Accetto, quindi, a malincuore e facendo questo pretrattamento la prima seduta va abbastanza bene, addirittura rientrano pure i marcatori”.

Ma poi arriva la seconda, a giugno, ed è qui che cambia tutto.
Quel giorno mi sentivo strana. Avevo completato il primo farmaco e iniziato da appena 15 minuti il secondo, il cisplatino al quale sono allergica. Avvertivo un malessere diffuso, mi sentivo infastidita. Sono andata in bagno e quando mi sono guardata allo specchio ho visto tutta la mia pelle arrossarsi nel giro di pochi secondi. È stato come se tutte le vie respiratorie si fossero ristrette nello stesso momento, fino a diventare sottili come un capello. Mi sono sentita soffocare. Per fortuna ho capito cosa stava per succedere, ho riconosciuti i sintomi dello shock anafilattico e ho iniziato a urlare e a chiedere che mi staccassero tutto. Quando medici e infermieri sono accorsi già non potevo più parlare, ogni muscolo del mio corpo era bloccato. Stavo per andare all’altro mondo, la mia lotta stava per finire in quel momento, in un letto d’ospedale. Mi sono salvata perché sono riuscita a mantenere quel pizzico di lucidità che mi ha permesso di capire che, se subentrava il panico, sarei morta. Sforzandomi di ricordare quello che avevo studiato, ho iniziato a fare meditazione e a rilassarmi. La mia mente ha fatto il resto, comandando le operazioni di salvataggio. In quel momento ho giurato a me stessa che, se fossi sopravvissuta, con la medicina tradizionale avrei chiuso. Non sarei morta di chemioterapia. Invece di uccidere le cellule malate le avevo rafforzate, ma non l’avrei più fatto.

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Concetta si salva, e mantiene la parola. Ultimamente il suo umore è molto altalenante ma a tal proposito il libro Guarire con il Metodo Gerson parla chiaro: la causa non è la malnutrizione ma il processo di autoguarigione che consuma le energie, e infatti lei dovrebbe stare completamente a riposo. Nel libro si legge anche che le crisi dovute al nervosismo, alla rabbia, alla frustrazione sono brevi e dovute alle tossine messe in circolo dalla terapie per poi essere espulse.
Come? Con i clisteri di caffè bio. E, infatti, quello che Concetta racconta a tal proposito ha dell’incredibile.
“Dopo averli fatti mi sento bene, libera, qualunque dolore fisico avessi prima va via e anche a livello mentale i benefici sono immensi e immediati! All’inizio ero scettica, non ci credevo, non lo potevo neanche immaginare! Ma lo sto provando sulla mia pelle giorno dopo giorno, ed è così”.

Quanto alle notizie degli ultimi giorni, c’è da dire che sono state ultimate le pratiche per la richiesta di ricovero a Budapest e, a breve, dovrebbe arrivare una risposta dalla clinica Gerson.
“Ho dovuto fare tutta una serie di esami, alcuni mai fatti prima, perché vogliono un quadro chiaro ed esaustivo della mia situazione. Nel frattempo continuo a curarmi da me. Sono arrivati altri integratori dall’Inghilterra, ma temo che sarò costretta a sospendere la terapia micotica perché è troppo costosa e la raccolta fondi prosegue abbastanza a rilento”.

In effetti, purtroppo, duole constatare questo. Solo per i funghi ci vogliono 600 euro al mese e nessuno ha fatto avere a Concetta qualcuno dei prodotti elencati la scorsa volta e che, per sicurezza, riproponiamo qui sotto, insieme al codice IBAN per le donazioni.
– Fiocchi di avena al naturale bio e integrali;
– camomilla non dolcificata bio;
– caffè in polvere bio;
– pane 100% di segale bio senza sale;
– olio di semi di lino bio;
– prodotti per la casa (anticalcare, detersivi per piatti e vestiti, igienizzante bagno, disincrostante wc, sgrassatore, etc…) di origine vegetale e senza additivi chimici;
– prodotti per l’igiene personale (detergente intimo, sapone liquido mani, doccia gel e shampoo) preferibilmente della marca Omia o comunque biologici.
I prodotti si trovano nelle parafarmacie e nei negozi specializzati.

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