Riproponiamo qui, l’articolo della giornalista modicana Isabella Colombo uscito, qualche settimana fa, sulla rivista In Viaggio (Giorgio Mondadori Editore), uno dei mensili di viaggio più letti e diffusi in Italia.
L’itinerario proposto è molto affascinante e diverso dal solito. Tanto da poter rappresentare una “prospettiva” diversa (con il naso all’insù) per chi, residente o turista, voglia visitare il Val di Noto in questo assolato week end di agosto.
Sirene pettorute, grifoni alati, aquile, mostri e linguacce: è nei mascheroni che sorreggono i sontuosi balconi panciuti che, durante tutto il Settecento, si esercitò la fantasia degli abili scalpellini siciliani.
Altrove lo stile barocco veniva abbandonato. Qui, invece, veniva ricorso a forza di scalpello e recuperato per ricostruire chiese e palazzi dopo il terribile terremoto del 1693 che rase al suolo il Val di Noto.Un tour con il naso all’insù, alla scoperta delle buffe figure antropomorfe, animalesche e floreali che rappresentano il coté più bizzarro e originale del Settecento siciliano, parte da quell’elegante ricamo in pietra che è Palazzo Beneventano del Bosco a Ortigia, l’isolotto incanto di Siracusa. Si trova nella piazza del Duomo, un monumento celebre per aver inglobato nella struttura i resti di un tempio greco.
Ma Ortigia incanta anche per l’imponenza dello svevo Castello Maniace che la trascina sul mare, per l’allegria e i colori dello storico mercato e per la tradizione dei pupari, da ammirare al lavoro nel teatro-museo Opera dei Pupi.
Il tour dei balconi panciuti prosegue invece per Palazzolo Acreide, uno degli otto comuni della zona inseriti nel patrimonio Unesco per l’unicità del suo tardobarocco. Un esempio è Palazzo Judica Cafici che esibisce su Corso Vittorio Emanuele una lunga teoria di mostri e volti ghignanti. Il paese merita almeno altre due tappe: la pregevole facciata della chiesa di San Paolo, e Casa museo Antonino Uccello, uno dei più ricchi musei etnoantropologici del sud Italia: racconta come viveva il popolo al tempo in cui nobili progettavano i mascheroni dei loro meravigliosi balconi.
Meravigliosi come quelli di Palazzo Nicolaci di Villadorata nella bella Noto, il “giardino di pietra”.
Putti, cavalli, sirene, leoni e figure grottesche sembrano fare il verso ai quadri floreali che durante la tradizionale Infiorata di maggio ornano il pavé della strada sottostante, una traversa del celebre corso Vittorio Emanuele, il salotto della città. Bisogna passeggiarci al tramonto, quando la pietra dei suoi monumenti più belli, come la cattedrale di San Nicolò e palazzo Landolina, avendo assorbito il calore del sole, si colora di uno straordinario rosa-arancio.
Due tappe golose prima di proseguire: Campisi, dove acquistare i prodotti della vicina tonnara (impareggiabile la bottarga), e il Caffé Sicilia che serve un latte di mandorla da incanto e le prelibatezze del pluripremiato pasticcere Corrado Assenza.Trenta chilometri più est, a Modica, il balcone più affascinante è quello di Palazzo Napolino: i suoi eleganti tendaggi e le teste di leone scolpite nella pietra lasciano senza fiato. Proprio come l’imponente facciata del duomo di San Giorgio, lì dietro, esaltata dalla scenografica scalinata e incastonata come un gioiello nel quartiere alle sue spalle. Gli altri balconi degni di nota ornano le facciate di Palazzo Cannata, lì accanto, e quelle di Palazzo Cannizzaro e Palazzo Tommasi Rosso Tedeschi con le buffe sirene pettorute circondate da vecchioni, suonatori di flauto, putti e delfini.
Siamo sul Corso Umberto, a pochi passi dai dodici santoni in pietra che ornano la scalinata della chiesa di San Pietro.Qui accanto valgono una sosta l’Antica dolceria Bonajuto, per assaggiare il famoso cioccolato di derivazione azteca, il Caffè dell’arte, che prepara squisite granite al gelso e al limone, e la Chiesa rupestre di San Nicolo inferiore. Con il barocco non ha nulla a che fare ma i suoi affreschi di epoca bizantina, così ben conservati, sono un unicum nel territorio.
Prossima meta: Scicli. È affascinante passeggiare lungo il corso del fiume ormai in parte coperto, per scovare come tesori inattesi i monumenti più celebrati: la Chiesa di Santa Maria La Nova e lo scenografico complesso del Carmine.
Ma il cuore pulsante è via Mormina Penna che, oltre alle chiese, offre due tappe eccellenti: Palazzo Spadaro, visitabile all’interno, e il Museo del costume dove sono conservati gli abiti delle dame che nel Settecento si affacciavano dai balconi panciuti sorretti dai mascheroni.
Per esempio da quelli di Palazzo Fava, con i grifoni alati che guardano verso la chiesa di San Bartolomeo e il suo sfondo di costoni rocciosi, e di Palazzo Beneventano dove campeggiano, bizzarri e appariscenti, due teste di moro, un San Giuseppe e diverse caricature umane.Queste sculture sembrano fare a gara, per la dovizia di particolari, con quelli di palazzo Cosentini a Ragusa Ibla, così perfetti che sembrano non scolpiti sulla pietra ma ricamati all’uncinetto. Qui, ogni balcone è dedicato a un tema: zufoli, mandolini e tamburi rappresentano la musica, cornucopie e coppe di frutta la ricchezza, mentre un uomo con il fiasco sulle spalle e una donna che offre il seno simboleggiano il popolo. Dal palazzo si può procedere verso sinistra per ammirare Santa Maria dell’Idria con il suo originale campanile in maioliche, oppure verso destra: si sbuca davanti al duomo di San Giorgio con la sua grande cupola che, a sera, viene scenograficamente illuminata di blu. Da ammirare gustando, lì di fronte, il gelato alla carruba o alla ricotta di Gelati Divini. Poi, giù verso la graziosa Piazza Pola e fino al Giardino Ibleo dove ammirare altri gioielli barocchi e un bel panorama sulla vallata circostante.
L’ultima tappa del tour alla scoperta dei più bei balconi del sud est è Caltagirone: Palazzo Gravina Pace mostra una serie di 33 mensoloni raffiguranti sfingi, sirene e mostri. Siamo in piazza Municipio: da qui si può proseguire verso la famosa scalinata di Santa Maria del Monte, deviare verso il duomo di San Giacomo o imboccare via Roma per scoprire un altro balcone degno di nota, quello di casa Ventimiglia.
È il più rappresentativo perché decorato con quelle maioliche che sono fil rouge dell’arte e dell’architettura di questa città. I canopi, colorati vasi a forma di testa che parlano di antichi miti e leggende, ne sono il simbolo. Quelli da portar via per ricordo vengono creati, secondo tradizione, nello storico laboratorio di Giacomo Alessi.