Il “boss-poeta” della camorra Aldo Gionta è stato fermato dai carabinieri al porto di Pozzallo. L’uomo è stato bloccato mentre si imbarcava su un aliscafo diretto a Malta. Militari in borghese, mimetizzati tra la folla, hanno atteso che Gionta passasse il controllo dei biglietti e lo hanno bloccato insieme a due donne e un uomo.
Ecco il comunicato del Comando Provinciale Carabinieri di Ragusa
I carabinieri di Ragusa e quelli di Napoli hanno arrestato al porto di Pozzallo (Rg), mentre tentava d’imbarcarsi per Malta, Aldo Gionta, classe ’72, reggente del clan camorristico partenopeo dei Gionta di Torre Annunziata (Na), figlio del più noto Valentino Gionta, storico boss e fondatore del clan, attualmente ristretto al 41-bis.
Il fulmineo blitz dei militari dell’Arma di Modica e Torre Annunziata è avvenuto alle 20.10 all’imbarco dell’aliscafo per Malta. Militari in borghese, mimetizzati tra la folla, hanno atteso che Gionta passasse il controllo dei biglietti e poi non gli hanno dato scampo, bloccandolo insieme a due donne e un uomo.
Gionta è accusato di associazione per delinquere di tipo mafioso ed era ricercato da giugno scorso per un provvedimento di fermo della Direzione distrettuale antimafia di Napoli.
I Gionta erano stati negli anni ottanta alleati a clan di Cosa Nostra operanti in provincia di Palermo e avevano combattuto, alleati dei Nuvoletta, contro la NCO di Raffaele Cutolo.
Non è noto al momento se Gionta si sarebbe fermato a Malta o avrebbe avuto intenzione di procedere per qualche lido nordafricano.
Gionta era destinatario di un provvedimento di fermo emesso dalla Dda della Procura di Napoli. Secondo gli investigatori stava cercando di fuggire all’estero: era in possesso di una carta d’identità falsa e di 1.000 euro in denaro contante.
Era in compagnia di tre persone, un uomo e due donne, la cui posizione è al vaglio degli investigatori. Dopo la notifica del provvedimento di fermo Aldo Gionta sarà trasferito nel carcere di Ragusa.
Dalle indagini è emerso che, durante i suoi spostamenti, si camuffava con occhiali da vista e parrucche, arrivando anche a travestirsi da donna, per eludere i controlli delle forze dell’ordine.
Il “reggente” della cosca torrese è chiamato il boss poeta ma i suoi pizzini non contenevano parole d’amore quanto ammonimenti e veri e propri ordini su come mantenere la leadership criminale.