Prima le scoperte archeologiche di Calicantone, ora quelle di Pernamazzoni: Cava Ispica non smette di restituire preziose testimonianze che, tassello dopo tassello, vanno a comporre il mosaico della storia di Modica, delle sue origini, delle popolazioni che ne hanno abitato il territorio, delle loro abitudini e della loro evoluzione.
Questa volta grazie all’opera volontaria del Campo internazionale di Legambiente, insieme a quella degli studenti specializzandi dell’Università di Catania, è stato possibile aprire una finestra su un’epoca su cui ancora poco si sa, almeno limitatamente alla storia di Cava Ispica: quella ellenistica. Dalle segnalazioni e da qualche piccolo ritrovamento degli anni passati, si era avuto il sospetto che qui ci fossero invece molte testimonianze di quest’epoca, e così è stato.
I reperti restituiti dallo scavo sono stati presentati proprio stamattina in conferenza stampa dai volontari, insieme ai responsabili del campo, Giorgio Cavallo ed Enzo Barone, all’archeologa Anna Maria Sammito e alla Soprintendente Rosalba Panvini.
Ma, se è vero com’è vero che in questi ultimi anni sta divenendo nuovamente possibile finanziare piccole nuove campagne di scavo, con il coordinamento della Soprintendenza ai Beni Culturali di Ragusa (non ultimo grazie all’investimento che l’Amministrazione comunale ha deciso di fare, riservando a questo scopo una piccola somma annuale in bilancio), è altrettanto vero che adesso sarebbe importante – diversamente da quanto è avvenuto in passato – fare in modo che questi reperti restassero al Museo Civico “F. Libero Belgiorno”di Modica (adesso ospitato a Palazzo della Cultura, ma auspicabilmente presto destinato a trasferirsi a Palazzo dei Mercedari) e venissero resi disponibili per la fruizione da parte del pubblico.
Proprio ieri sera, peraltro, è stato presentato a Palazzo della Cultura il catalogo della mostra “Tesori di Modica“, che ha riunito oltre cento reperti rinvenuti nel corso dei decenni nel territorio di Modica ma ora per lo più ospitati al Museo archeologico Paolo Orsi di Siracusa e al Museo interdisciplinare di Ragusa, che li hanno eccezionalmente prestati per l’occasione.
L’occasione di vedere, in molti casi per la prima volta, le ceramiche trovate in Via Polara alla fine degli anni ’20, gli ossi lavorati con le raffigurazioni della Nike alata, rinvenute in contrada Baravitalla a Cava Ispica, antichissimi monili provenienti dalla necropoli di Michelica, il gruppo bronzeo equestre ritrovato durante i lavori di copertura dell’alveo, non è stata solo interessante di per sé, ma anche perché ha dato prova di cosa potrebbe essere questo Museo, se l’intero patrimonio proveniente da questo territorio potesse esservi raccolto.
Una storia che dice molto e dovrebbe responsabilizzarci per il futuro, se è vero com’è vero che da collocare ci sono ancora – giusto per citarne alcuni – anche i reperti ritrovati durante gli scavi nell’area del Castello dei Conti di Modica durante i lavori di restauro ancora in corso.