Ognuno porta se stesso così com’è, in ogni ambito della sua vita, con i suoi pregi e difetti, con il suo modo di fare, di pensare e anche di… guidare!
Diverse variabili influiscono su come si conduce un mezzo di trasporto (a due, quattro o più ruote):
1. abilità cognitive e psicomotorie che risultano fondamentali per consentire una guida sicura;
2. fattori temporanei, quali stati d’animo spesso collegati a problematiche ed eventi recenti più o meno piacevoli che possono occupare la mente del guidatore;
3. fattori più stabili, cioè le caratteristiche di personalità, le modalità con cui ognuno entra in contatto col mondo esterno, per cui, in linea generale, si potrebbero distinguere varie tipologie di autisti:
- Quello confuso: prova angoscia, ma non ne è consapevole; la sua guida non è appropriata, sembra molto preso dal suo mondo interiore, dai suoi pensieri e così, nel condurre un mezzo, appare disorientato, compie manovre brusche, talvolta anche infrazioni (ad esempio, non rispetta limiti di velocità, non aziona gli indicatori di direzione, posteggia dove gli viene più comodo, non rispetta i segnali di “stop” poiché ignaro di chi abbia la precedenza e incurante di ogni conseguenza). Egli manca, insomma, di consapevolezza relativamente ai propri obblighi su strada e, soprattutto, il tutto avviene senza che si renda conto che può arrecare danno agli altri.
- Quello timoroso: rispetta le norme stradali all’inverosimile, seguendo alla lettera gli apprendimenti in materia automobilistica, anche se fare ciò può impedire una marcia fluida e regolare. Si mostra, talvolta, profondamente indeciso sull’incedere o meno; può rinunciare ai suoi diritti di precedenza non per eccessiva gentilezza, ma, piuttosto perché concentrato su regole e sul punto di vista di chi lo incrocia.
- Quello impulsivo: ritiene di essere sempre nel giusto, si arroga diritti di precedenza anche quando non gli spettano, inveisce sempre e comunque contro chi lo ostacola. Possiede come una forte spinta interiore ad agire e, quindi, a procedere per scaricare la propria tensione che lo porta a mettere spesso il piede sull’acceleratore…
- Quello che tende a bloccarsi: inizia una manovra con energia, ma poi prima di concluderla, si arresta, colto dal panico e bloccando l’azione appropriata. Da un lato, quindi, si lancia, ma poi non riesce a portare a termine l’azione: qualcosa lo blocca sul più bello.
- Quello “quasi” perfetto: appare abbastanza fluido alla guida, non compie infrazioni, ma mostra una guida abbastanza regolare. Mantiene i nervi saldi in caso di pericoli o durante momenti critici, ma poi durante un manovra apparentemente facile o comunque non particolarmente impegnativa, compie un’imperfezione, come se improvvisamente si ritirasse in se stesso quando nessuno se lo aspetta.
- Infine, quello che procede con regolarità: con ad una velocità adeguata, non compie manovre brusche, né infrazioni. La sua guida è fluida. Afferma i suoi diritti su strada, ma nell’ottica del rispetto e senza invadere quelli altrui.
Naturalmente, l’appartenenza ad una o l’altra di queste “categorie” non è rigida né statica nel tempo o nel corso della vita. Inoltre, anche la scelta del tipo di veicolo o il suo colore, rivela molto sul suo proprietario: preferire un fuoristrada o un suv rispetto a una utilitaria di piccole dimensioni, pertanto, non è solo un fatto legato alle possibilità economiche.
LO SCURO
Da quanto detto fino ad ora, emerge che guidare un mezzo di trasporto resta, in primo luogo, una situazione sociale, caratterizzata cioè da interazioni continue con gli altri.
Ecco quindi che lo scenario che appare sulle strade, diventa oggi più che mai lo specchio della nostra società.
In una società dominata spesso dalla fretta o dalla rabbia di fronte ad ingiustizie e difficoltà quotidiane, tutto si complichi maggiormente, per cui l’auto diventa una sorta di corazza che dà l’illusione di rimanere nell’anonimato e protetti a fronte di insulti, parolacce, gesti, invasioni di spazi e distanze appropriate, suoni di clacson spropositati.
Insomma, essere chiusi nel proprio abitacolo (e la tipologia di auto qui la dice lunga!), crea l’illusione di essere “protetti” nell’interazione con l’altro, per cui ci si permette molto di più di quanto si farebbe se ci si ritrovasse faccia a faccia…
Insomma, un processo analogo a quanto avviene nelle comunicazioni tramite i moderni strumenti tecnologici, mentre il relazionarsi dal vivo è caratterizzato sempre più da impaccio e incapacità crescente.
Inoltre, in una società liquida come la nostra, dove limiti e confini sono sempre più labili, preoccupa molto il tema della velocità: gli eccessi, ad oggi, non sembrano percepiti come una violazione pericolosa delle norme di circolazione. Piuttosto, sembra quasi che per alcuni il procedere ad elevate velocità, rappresenti quasi un motivo di vanto.
Per non parlare poi, dell’assurda moda di fotografare (mentre si è alla guida, naturalmente) se stessi ed il contachilometri che segna elevate velocità, come se questa fosse una prova di forza o coraggio (sarà forse retaggio di antiche usanze tribali, ai tempi in cui l’uomo sfidava le forze della natura per la propria sopravvivenza?).
La ricerca di sensazioni forti che è alla base di comportamenti pericolosi alla guida, un tempo era un fenomeno legato prettamente al periodo dell’adolescenza. Oggi, invece, in un’epoca in cui tutto appare confuso e senza confini, il fenomeno dilaga, contagiando anche ad altre fasce d’età. E dall’esterno, fa molta più rabbia quando a pagarne le conseguente sono ignari innocenti…