120 minuti di noia e tutto il resto è… che l’Argentina batte 4 a 2 ai rigori l’Olanda, nella semifinale dei Mondiali disputatasi a San Paolo, e si qualifica per la finale di domenica 13 luglio, contro la Germania.
Ebbene sì: si tratta della partita tra le Nazioni di provenienza (e di tifo) dei due Pontefici di Santa Romana Chiesa.
Così, mentre al Maracanà i riflettori saranno puntati sulle donne di potere presenti (la Cancelliera Merkel e la presidentessa Kirchner), la vera sfida si giocherà tra le mura vaticane, tra i capi della Chiesa, un Papa in carica e uno emerito, (o meglio: ex, per usare termine secolare e calcistico).
Da una parte Jorge Bergoglio, cioè Papa Francesco, argentino, di cui molto, in passato, si è detto in riferimento alla sua passione per il calcio e del suo attaccamento alla squadra del San Lorenzo de Almagro, di Buenos Aires. Nelle biografie di Papa Francesco, si racconta anche come spesso sia stato allo stadio e che da ragazzino abbia addirittura palleggiato con Alfredo Di Stefano (morto proprio qualche giorno fa), suo compagno di scuola diventato poi uno dei fuoriclasse mondiali del Fútbol.
In realtà, il mondiale brasileiro ha già visto Bergoglio schierato in prima fila: la prima sfida l’ha lanciata pochi giorni fa, alla vigilia degli ottavi con la Svizzera. “Sarà una guerra”, avrebbe detto secondo le agenzie di stampa alle Guardie Svizzere di Santa Marta, che avevano nel frattempo messo in piedi un megaschermo per seguire il match da dentro o fuori contro l’albiceleste. Poi, per la gioia (e con la benedizione) del Santo Padre l’Angel(o) Di Maria, al 118′, risolve la partita, rivelatasi complicatissima, e porta avanti i suoi. 1-0 per il Papa.
Dall’altra, Joseph Ratzinger, cioè Papa Benedetto XVI, tedesco della Baviera, che già ai tempi del Mondiale del ’78, quando era vescovo rifletteva sul significato del gioco del pallone. Con il suo stile, da studioso e teologo. “A me sembra che il fascino del calcio stia essenzialmente nel fatto che costringe l’uomo a imporsi una disciplina in modo da ottenere, con l’allenamento, la padronanza di sé, e con essa, la superiorità e con la superiorità la libertà“.
Ora l’occasione “divina” per i due Santi Padri di sfidarsi a livello mondiale.
Nella terza finale della storia del calcio che conta, tra tedeschi e sudamericani (la prima nell’86, in Messico, ha visto trionfare il genio di Diego Armando Maradona; la seconda, quattro anno dopo, a Italia ’90, le vinsero i tedeschi Matthäus, Klinsmann e Brehme su rigore).
Domenica 13 luglio, chissà. Nella sfida decisiva, di certo un Papa potrà dirsi “beato”, l’altro no. Cosa mai successa, in oltre cento anni di mondiali. Cosa mai successa nella storia della Chiesa.